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Renzi e le vicende quirinalizie

domenica, 01 febbraio 2015 14:11

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Rosario Pesce
Dopo l’elezione di Mattarella, non ci si può non domandare quale sarà lo sviluppo della legislatura in corso ed, in particolare, quale destino toccherà in sorte al Dicastero Renzi, che, già nei prossimi giorni, si troverà a dover affrontare alcuni momenti importanti, quali l’approvazione della riforma della Pubblica Amministrazione ed il varo definitivo della legge elettorale, che deve passare alla Camera per l’ultimo, definitivo placet, avendo già superato il difficile banco di prova del Senato.
È indubbio che il Premier esca rafforzato dalla vicenda quirinalizia, almeno sul piano dell’immagine, interna ed internazionale, visto che è stato in grado di ricompattare il PD, mentre i due partiti fondamentali del Centro-Destra, Forza Italia e NCD, ne escono con le ossa visibilmente rotte, avendo perso moltissime truppe nel corso dell’ultima votazione decisiva per il Quirinale.
Pertanto, il potere contrattuale, che da domani Renzi avrà nei riguardi dei suoi alleati e dei compagni stessi di partito, non potrà che essere maggiore, dato che ha evitato ciò che, invece, Bersani non riuscì ad impedire due anni fa.
Ma, forse, qualche riflessione andrebbe condotta con maggiore serenità: il PD ritrova la sua unità intorno alla proposta Mattarella, ma rimangono in piedi tutte le obiezioni di merito, condotte dalla minoranza interna sia sul tema della legge elettorale, che della revisione della Costituzione, per non parlare della distanza abissale, che esiste in materia di diritto del lavoro e di riforma del fisco.
Il giudice di tali contrasti dovrà essere, appunto, il nuovo Capo dello Stato, che, utilizzando il potere di firma, che la Costituzione gli riconosce, dovrà sancire la costituzionalità o meno delle leggi, che man mano saranno approvate dalle Camere.
Ad esempio, non si può non ipotizzare che, sull’Italicum, qualche obiezione Egli possa fare, visto che, nelle vesti di giudice costituzionale, ha contribuito a cancellare l’infame dispositivo precedente, il Porcellum, che aveva tratti in comune con il nuovo sistema di voto, per il quale Renzi tanto si è speso.
Pertanto, se Mattarella sarà un Presidente della Repubblica molto sobrio, che invero rifuggirà dagli schermi televisivi, sarà però un giudice altrettanto inflessibile della costituzionalità delle leggi.
Si sa bene che, se alcuni provvedimenti essenziali dovessero essere rimandati al Parlamento, perché vi si ravvisano elementi contraddittori con la Costituzione vigente, ciò potrebbe rappresentare, nel medio-lungo lasso di tempo, un motivo di debolezza cronica per l’Esecutivo, che li ha sponsorizzati e promossi.
Noi auspichiamo che il neo-Presidente della Repubblica possa far valere fino in fondo tutte le prerogative costituzionali, che gli sono riconosciute dall’attuale ordinamento, per cui, chi pensa che Renzi sia divenuto il king-maker incontrastato della politica nazionale, a nostro avviso sbaglia, perché il nuovo inquilino del Quirinale sarà un arbitro imparziale, in grado peraltro di imporre al Governo ed alla maggioranza parlamentare le sue decisioni, in virtù della straordinaria cultura posseduta in materia di diritto pubblico.
Se nei nove anni precedenti, l’Italia ha avuto due vitali punti di riferimento, il Quirinale e Palazzo Chigi, che hanno sopperito alla debolezza dei partiti, ridotti a meri cartelli elettorali, con il prossimo settennato, che ha ora inizio, la situazione potrebbe non essere dissimile, per cui il Premier dovrà misurarsi, quotidianamente, con il Presidente della Repubblica e con le indicazioni, che questi gli vorrà fornire, eventualmente già prima dell’approvazione di un provvedimento legislativo, che possa apparire contraddittorio e problematico sotto il profilo della costituzionalità.
Per questo motivo, non possiamo non essere sinceramente soddisfatti per l’elezione di Mattarella, perché sappiamo per certo che, chi ha a cuore le sorti della Costituzione del 1948, non potrà non trovare nell’inquilino del Quirinale il difensore più strenuo della Carta e della cultura politica democratica, ad essa largamente sottesa.
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