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Roma: Amleto di Daniele Pecci al Quirino

domenica, 23 ottobre 2016 17:23

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Rita C. Foti
Daniele Pecci ha cercato di evidenziare nel suo Amleto la modernità che già lo spirito del poeta Shakespeare aveva voluto infondere alla storia di Hamlet presente nelle cronache di Belleforest e trattata dal Kyd.
Il giovane principe danese è atterrito più che addolorato dalla richiesta di vendetta che lo spettro del padre gli impone rivelandogli il suo assassinio da parte del fratello Claudio e il legame incestuoso con la regina sua sposa Gertrude. Una vendetta facile se non fosse che Amleto, nonostante la sua nobiltà e sensibilità, non possiede la tempra dell'uomo d'azione. Come afferma D'Amico, l'Amleto di Shakespeare “non si finge pazzo per eseguire la vendetta, bensì per rimandarla”.
Qui sta la modernità del personaggio che Pecci ha voluto evidenziare nella sua versione del dramma. Il dubbio, la riflessione procrastinano l'azione dell'antieroe shakespeariano, quello che Schlegel definì “eroe dell'abulia” e che Goethe sintetizzò nell'immagine del “vaso troppo fragile per contenere la grossa quercia”.
Amleto è preso dalla malvagità degli altri, ma anche e soprattutto dalla sua debolezza. Esita, tentenna e il suo dubbio su dove sia la verità, sul credere e non credere in una legge al di sopra degli esseri umani che vieta l'omicidio e il suicidio lo costringe a un'azione individuale, a un comando interiore. È solo. Questo è quanto più affascina del personaggio, ciò che lo rende così attuale nella confusione sul suo e sul nostro destino, nella solitudine, nelle incertezze e nelle ansie della sua e delle nostre anime ancora oggi.
Sono quindi gli istinti dell'uomo debole che suscitano le azioni violente e spropositate di Amleto, come l'uccisione di Polonio, il rifiuto a Ofelia, il freddo piano per l'uccisione dei suoi amici traditori, la lite con Laerte. Solo quando sarà di fronte alla sua morte il tormentato principe compirà la vendetta e “il resto è silenzio”. In questo, l'adattamento di Pecci appare riuscito.
La messa in scena dello spettacolo presenta dei punti molto interessanti. Grandi lastre di metallo richiamano la galleria del palazzo reale e la terra collocata nella parte frontale del palco permette la rappresentazione delle scene esterne senza tagli netti dei quadri scenici o calate di sipario come nelle rappresentazioni originarie dell'epoca shakespeariana dove la scarna scenografia concentrava l'attenzione del pubblico non sull'ambiente, ma sui personaggi.
I costumi rimandano a un'epoca vicina ai primi Anni Trenta e i personaggi maschili principali sfoggiano una folta barba.
Luci e suoni sottolineano i momenti della giornata e la drammaticità degli eventi. Particolarmente suggestive le apparizioni dello spettro sugli spalti del castello reale ottenute con effetto di luci e suoni terrifici assordanti.
Quattordici gli attori sul palcoscenico. La recitazione rifugge da modi caricati e toni stentorei. Il regista Pecci vuole seguire quanto indicato dal regista Shakespeare nelle parole che Amleto rivolge ai comici: dite il discorso, vi prego, come io ve l'ho recitato, quasi vi danzasse sulla lingua, ché se voi lo vociate come molti attori fanno sarebbe per me tutt'uno che il pubblico banditore dicesse i miei versi. E non segate l'aria troppo con la vostra mano, così... prediligendo toni densi e contenuti, più vicini alla naturalezza perciò più contemporanei.
Esperimento riuscito tranne a volte a discapito di passaggi fortemente significativi nei versi pronunciati da Amleto.
Classica e incisiva l'interpretazione di Maddalena Crippa, regale come il suo ruolo. Particolarmente degna di plauso la recitazione di Rosario Coppolino che con il suo Polonio centra perfettamente la capacità shakespeariana di mescolare il tragico e il comico.
Nel dare merito a tutti i bravi attori del cast occorre sottolineare la bella prova attoriale dei due giovani Mariachiara Di Mitri, Ofelia, e Mauro Racanati, il fedele Orazio.
Alla fine di ogni recita, gli attori shakespeariani s'inginocchiavano in scena e intonavano la preghiera per il Re, oggi il Re è il pubblico che sta riempiendo le sale del Quirino e applaude e ringrazia gli attori perché lo spettacolo è piaciuto.


I dubbi, il dolore, la fragilità, la contemporaneità dell'Amleto di Daniele Pecci
dal 18 al 30 ottobre Teatro Quirino
Compagnia Molière

Regia: Daniele Pecci
aiuto regia: Raffaele Latagliata
costumi: Maurizio Millenotti Elena Del Guerra
disegno luci: Mirko Oteri
musiche originali: Patrizio Maria D'Artista
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