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Rosario Pesce
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Renzi la mette sull’antipolitica.
È questo quanto si ricava dagli ultimi comizi, che ha tenuto in molte parti d’Italia.
Il suo ragionamento è elementare: si dovrebbe votare Sì, perché Berlusconi, D’Alema, Grillo votano NO e, quindi, per reazione ai professionisti della politica, il Premier chiede un voto contro i suoi avversari.
È evidente che un simile schema presenta molte lacune: già tre anni fa, quando assai rapidamente conquistò, dapprima, la guida del PD e, poi, del Governo, egli operò con il motto della rottamazione, agitando quindi uno slogan all’insegna dell’antipolitica, che si dimostrò molto opportuno per chi, da Sindaco di Firenze, doveva realizzare una rapidissima escalation ai vertici del proprio partito e delle istituzioni democratiche.
Oggi, quelle parole d’ordine sembrano, invero, più attardate, perché il Governo, in questo lasso di tempo, ha operato ed ha, ineluttabilmente, creato intorno a sé un’area di dissenso, che si è manifestata in modo plastico in occasione delle ultime elezioni amministrative, perse in grandissimi centri, come Roma, Napoli e Torino.
Quindi, il renzismo più sfrenato, nato all’insegna di un messaggio ovvio di ricambio della classe dirigente, sembra aver trovato di fronte a sé un ostacolo di non secondaria portata: gli esiti, purtroppo negativi, della propria azione di Governo.
Di fronte ad una simile situazione, chiedere il voto agli Italiani per mandare a casa i vari D’Alema, Berlusconi, Brunetta, ecc., sembra per davvero un anacronismo storico non secondario, tanto più perché la rabbia dei cittadini si sta rivolgendo, con molta forza, contro i governanti dell’ultimo triennio.
Renzi è cosciente che il NO è prevalente nella pubblica opinione, per cui sa bene che, nei prossimi 14 giorni, deve giocare ogni carta possibile per rovesciare un trend che lo vede, ampiamente, penalizzato.
Cosa fare, allora?
Agitare, di nuovo, gli spettri di personalità politiche, che non spostano più consenso, per legittimarsi agli occhi degli Italiani?
Ma, si sa bene che le mosse, dettate dalla disperazione, spesso causano maggior danno, per cui la campagna elettorale, finora condotta, non solo non ha favorito il Sì, ma soprattutto ha – paradossalmente – rilegittimato chi, in passato, era destinatario dei peggiori sentimenti da parte di moltissimi Italiani.
Oggi, D’Alema è meno avversato dello stesso Renzi, così come Berlusconi ha ripreso una vitalità, che gli mancava dal 2013.
Per cui, se il Presidente del Consiglio continua su una strada simile, rischia non solo di perdere il referendum, ma finanche di riabilitare chi credevamo fosse, definitivamente, morto nella vita pubblica del Paese e nella considerazione dei nostri concittadini.
Forse, non ha compreso che deve cambiare registro, se vuole vincere, non dando ossigeno a chi, solo tre anni fa, non poteva neanche presentarsi in pubblico?
O, forse, per rottamare, ha finito per far resuscitare i suoi ottuagenari avversari storici?
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