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Rosario Pesce
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Quello fra Italia ed Europa è, per davvero, un rapporto molto difficile.
Il fallimento del summit di Bratislava dimostra quanto sia problematica la relazione fra il nostro Paese ed i due Stati, Germania e Francia, che in Europa menano le danze.
È evidente che ciò, che noi chiediamo all’Europa da mesi, sia più che ragionevole.
In primis, una politica - per davvero - comune in materia di gestione dei flussi migratori, visto che, a breve, saremo in una situazione molto difficile, perché il Sud d’Italia, in particolare, non sarà più nelle condizioni di ricevere ed ospitare un numero crescente di migranti.
Peraltro, il danaro, che l’Europa dà all’Italia per ospitare i “nuovi” cittadini europei del prossimo futuro, di per sé non è affatto sufficiente, dal momento che i problemi organizzativi, logistici e politici, indotti da tale situazione, sono molto più rilevanti delle pur cospicue somme di danaro che l’Italia riceve dalla U.E.
È ovvio che i problemi presenti partono da quando la Francia, in particolare, forzò l’equilibrio politico del Nord-Africa, per entrare con i propri interessi economici nelle terre dove era, momentaneamente, fuori gioco.
Sono passati alcuni anni dalle cosiddette “primavere” arabe e gli esiti sono sotto gli occhi della pubblica opinione internazionale: i nuovi regimi manifestano atteggiamenti integralistici ben peggiori di quelli precedenti e, di conseguenza, l’ondata di profughi non può che continuare in modo interrotto, dato che alle ragioni economiche si aggiungono quelle di ordine politico, che costringono appunto molte migliaia di individui a raggiungere l’altra costa del Mediterraneo.
Ma, perché il quadro complessivo dovrebbe essere diverso?
Se i Paesi, che contano per davvero, sono Germania e Francia, perché mai il Mediterraneo dovrebbe essere centrale nelle strategie dell’Unione Europea?
Peraltro, il povero Governo italiano, sconfitto in materia di immigrazione, ha ricevuto un’altra batosta al summit di Bratislava sull’argomento, che è invero il più scottante: quello degli equilibri finanziari.
La Germania proprio non ne vuole sapere di abbandonare le politiche di rigore, che finora le hanno consentito di crescere ai danni delle economie dell’Europa meridionale.
Pertanto, per tal via, si rischia di giungere al cortocircuito: o si applica il rigore teutonico, sui conti degli Stati europei, ed allora l’Italia, prima o poi, dovrà alzare bandiera bianca o si torna sulla strada della ragionevolezza, sacrificando la tenuta finanziaria sull’altare degli investimenti pubblici e della crescita economica.
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