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L’Europa in fiamme

sabato, 16 luglio 2016 23:25

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Rosario Pesce
I due fatti ultimi – l’atto terroristico di Nizza ed il tentativo di colpo di Stato in Turchia – dimostrano come il nostro mondo ed, in particolare, l’Europa stiano vivendo uno dei momenti peggiori della storia recente, visto che mai si era assistito a tanta instabilità politica e, soprattutto, mai erano state cagionate tante vittime innocenti.
È evidente che l’Unione Europea sta palesando la sua inadeguatezza rispetto a fatti di rilievo mondiale, che essa non riesce né a prevenire sul piano politico, né a combattere su quello meramente militare.
Infatti, ciò che si nota con maggiore dolore è l’assenza di una voce unica, che possa rappresentare, in forma piena, il punto di vista del vecchio continente, ormai dilaniato da una tendenza centrifuga, che ha portato, il mese scorso, la Gran Bretagna ad uscire dalla U.E.
Peraltro, i fatti turchi evidenziano un dato ulteriore: chi, come il Capo di Stato Erdogan, è stato per molti anni un alleato privilegiato dei Governi italiani, si palesa ora nelle sue vesti più autentiche di politico cinico e non affidabile, che sovente ha giocato su più tavoli, essendo al tempo stesso partner economico dell’Europa e non disdegnando rapporti pericolosi con il mondo dell’integralismo islamico di matrice sunnita, lo stesso che informa ed ispira l’Isis.
È molto probabile, inoltre, che i fatti turchi abbiano una ricaduta internazionale, finanche, più ampia di quella che si può prevedere: la permanenza al potere di Erdogan, qualora fosse sancito il fallimento del golpe, sarebbe un elemento ulteriore di difficoltà nella problematica operazione di ricostruzione e ricomposizione del puzzle mediorientale.
La Siria, per un verso, e la Russia, per altro, non possono che essere interessate alle sorti del Capo dello Stato turco, visto che questi, nel corso degli ultimi anni, è stato il loro più fiero nemico e molti elementi fanno pensare che, dietro al tentativo di golpe, possa nascondersi l’ombra inquietante del Presidente russo, dal momento che appartiene alla tradizione orientale la tendenza ad eliminare i nemici attraverso l’organizzazione di proditori atti di politica estera.
Cosa può fare, allora, l’Europa?
Forse, riacquisire un po’ di dignità, avendo finalmente la capacità di concordare una posizione unica di fronte ad eventi, che muteranno la storia dei prossimi decenni?
Forse, fare finalmente quel salto di qualità, che finora non è stata capace di realizzare, aspirando ad un margine di autonomia rispetto agli indirizzi atlantici, che ancora condizionano la vita del vecchio continente?
Forse, realizzare un'efficace politica comune di integrazione, visto che, come insegnano i fatti francesi, decenni di ghettizzazione delle minoranze in squallidi quartieri di periferia generano un odio perverso, su cui può soffiare - fin troppo facilmente - chi è animato da barbare intenzioni di sapore integralistico?
Invero, siamo giunti in queste settimane ad un punto di svolta, non meno importante di quello che fu rappresentato dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989: o si costruisce un mondo migliore, capace di sintetizzare le esigenze articolate dei molti attori, che si muovono sullo scenario internazionale, ovvero si rischia di entrare in un clima di guerra permanente, che porterà solo morte, violenza e dolori, che si trasmetteranno per generazioni, minando la possibilità stessa di avere un futuro ad opera dei nostri figli e nipoti.
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