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giovedì, 31 dicembre 2015 18:55 |
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Il Giubileo della Misericordia: un cammino di pace per tutti
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Rosario Pesce
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Quando sta per finire un anno e per iniziare uno nuovo, non si può non formulare il migliore augurio che l’anno, che sta per venire, sia migliore di quello precedente, sia per i singoli, che per la collettività, dal momento che è aspirazione innata nel genere umano tendere al meglio ed avere una prospettiva di vita migliore di quella che si è, appena, dischiusa.
Purtroppo, nel mondo non mancano, invero, eventi luttuosi: guerre, morti, malattie, distruzioni sono fatti tragici da cui l’uomo non è riuscito, mai, ad allontanarsi, pur avendo tentato, sia con i mezzi della ragione che con quelli della fede, di trovare una via d’uscita opportuna alle sue disgrazie giornaliere.
Secoli e secoli di contrastata riflessione filosofica e religiosa hanno individuato, di volta in volta, cause diverse per l’esistenza del Male nel nostro quotidiano, ma ovviamente mai siffatto Male è stato eradicato dalla vita, finanche quando, come nel corso degli ultimi due secoli, le condizioni economiche di milioni di individui sono migliorate, almeno, da un punto di vista economico.
Infatti, è connaturata con il destino del genere umano l’esistenza del dolore e della sofferenza, a cui vorremmo dare un calcio, quando, la notte di San Silvestro, apriamo la tradizionale bottiglia di spumante, per brindare alla chiusura di un capitolo della vita ed all’apertura di uno nuovo.
Solo la speranza, virtù fondamentale del genere umano, ha rappresentato e, tuttora, rappresenta un ancoraggio stabile per quanti, di fronte alle miserie del quotidiano, tentano invano di riscattarsi e di imprimere una svolta alla propria esistenza ed a quella dei propri simili.
Per millenni, l’Uomo, affidandosi alla trascendenza, ha cercato di trovare non solo una ragione alla vita, ma anche di segnalare, così a sé ed agli altri, il senso di marcia del percorso esistenziale sulla Terra, in attesa appunto di ricongiungersi con un’essenza eterna e capace di conferire significato alle sue peregrinazioni.
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Oggi, in tempo di secolarizzazione dominante, è chiaro che il sentimento di amore per l’Altro non solo è più debole, ma in particolare si colora di valenze, che non possono essere apprezzate da chi nutre un’idea progressiva della storia.
Il riconoscimento dell’esistenza di un Dio trascendente, infatti, si ricollega a dinamiche, che tendono spesso ad escludere e non ad includere le diversità, per cui il Dio del singolo entra in competizione con quello del suo simile, creando le premesse per un conflitto permanente e non certo per l’edificazione della pace, come sarebbe auspicabile e naturale per chi tiene alla sopravvivenza del genere umano.
Pertanto, l’augurio di un buon 2016 non solo deve ricollegarsi alle aspettative migliori e più genuine per il destino di ciascuno di noi, ma in particolare deve contenere in sé un auspicio per un’umanità che si è allontanata da un possibile progetto di serena e filantropica convivenza: non si può brindare all’arrivo del nuovo anno, se ancora si ipotizza un muro insormontabile fra bianchi e neri, cristiani e musulmani, credenti ed atei.
Quando ogni muro sarà caduto, allora il brindisi della notte di San Silvestro avrà significato ed, effettivamente, ogni ansia e paura per il nuovo non solo potranno essere gestite nel modo migliore, ma potranno divenire il carburante per una nuova avventura di vita, in verità assai diversa, ma comunque non in stridente contrasto con l’esperienza, morale e teosofica, del credo in Chi, la cui nascita è stata festeggiata appena una settimana fa.
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