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Antonio Canova: Venere e Adone
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Rosario Pesce
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Scrivere una lettera d’amore è un esercizio letterario agevole:
l’interlocutore è, sempre, assente e chi scrive ha, spesso, ragione.
Ben più difficile è parlare;
la parola scritta è una prassi certosina di ragionamento,
mentre la parola detta – o, anche, semplicemente accennata – è l’espressione di una virtù superiore, quasi divina.
Non si può mai blandire, con le parole, chi si ha di fronte:
ricorrendo alle lettere, semplicemente si finge che questi non ci sia
ed il mondo diventa un luogo di uomini che parlano a loro stessi.
Poi, però, si disvela il rapporto fra menti pensanti,
quando l’altro - quello il cui nome è solo abbozzato nelle lettere - ambisce al dialogo ed all’interlocuzione.
Allora, la letteratura diventa la metafora compiuta dell’amore,
di un amore non meramente solipsistico
e di una passione autenticamente irrefrenabile,
che, per consumarsi completamente, richiedono il ruolo attivo dell’amante,
che accoglie, fra le proprie braccia, il dono straordinario che la vita - generosamente - gli concede.
Letteratura ed amore, quindi, divengono per magia un binomio inscindibile,
in cui l’uno funge da disinibito acceleratore e l’altra da virtuoso freno.
Chi dei due prevarrà?
Solo Iddio, forse, lo sa…
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