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Dal sito: prcreggioemilia.it
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Rosario Pesce
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È evidente a molti che una delle caratteristiche del Premier sia l’ostinazione; infatti, da buon toscano, non si fa intimidire da nulla o nessuno e tenta, sempre con grande ardimento, di procedere nel raggiungimento dell’obiettivo, che si è proposto.
Però, a volte, soprattutto per chi ha incarichi di governo, una tale virtù può trasformarsi, ben presto, in difetto, per cui, dalla tenacia e da un immotivato comportamento ostinato, possono derivare effetti molto sgradevoli.
In molte occasioni, in verità, la pervicacia renziana ha dato risultati accettabili: ad esempio, ha consentito al Presidente del Consiglio di giungere al varo della nuova legge elettorale ovvero all’approvazione del Jobs Act, nonostante le opposizioni di vasti strati del mondo sindacale e partitico.
Incassati, quindi, tali esiti, Renzi si sta comportando alla stessa maniera in materia di Pubblica Istruzione, per cui, nonostante lo sciopero dello scorso martedì, che ha visto una mobilitazione di mezzo milione di prof. ed operatori scolastici, insiste nel varare, entro il prossimo mese di giugno, il provvedimento che dovrebbe riformare la scuola in modo radicale, visto che introduce, tra le altre cose, nuovi criteri di selezione della classe docente.
Un minimo di prudenza e di saggia attenzione alle obiezioni, poste dai Sindacati, avrebbe imposto uno stop e, dunque, una pausa di riflessione, finalizzata a migliorare il testo originario in quel punto saliente, la chiamata diretta dei prof., che maggiormente inquieta gli insegnanti italiani e, finanche, una parte non irrilevante dei dirigenti, molti dei quali non si identificano affatto nella figura della dirigenza, che viene elaborata dal corso legislativo della stagione Renzi-Giannini.
Nei prossimi giorni, invece, quel provvedimento andrà in aula a Montecitorio per la prima approvazione e, poi, nel mese di giugno, dopo la celebrazione delle elezioni regionali del 31 maggio, passerà al Senato per essere approvato in via definitiva, così da poter creare, immediatamente, le conseguenze previste sin dall’avvio dell’anno scolastico 2015/16.
Ci sembra, questo, un atteggiamento poco prudente e scarsamente illuminato, visto che qualsiasi altro Premier, dopo un segnale molto forte, come quello fornito con lo sciopero del 5 maggio, avrebbe desistito dall’insano progetto di continuare il braccio di ferro con mezzo milione di docenti ed avrebbe ricercato la giusta via di compromesso, ammettendo di aver fatto una fuga in avanti improvvida e sbagliata, sia nei contenuti, che nella forma istituzionale.
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