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Théodore Géricault (1791 – 1824) - La zattera della Medusa, 1818-1819. Olio su tela, 491×716 cm. Parigi, Museo del Louvre.
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Ormai, il trasformismo, che certo non è un dato solo attuale, ha invaso la politica in modo prorompente: nel corso della Prima Repubblica, esso era un dato fisiologico di una democrazia parlamentare, nella quale non esiste per definizione vincolo di mandato, ma ora è divenuto il modus agendi per antonomasia dei politici, che, fiutando il vincitore di turno, non esitano ad abbandonare i loro partiti precedenti per salire sul carro di chi, molto probabilmente, è destinato ad una facile vittoria.
Naturalmente, un siffatto sistema è la prova concreta che non esiste alcun codice etico nella vita dei rappresentanti istituzionali, dal momento che le ragioni della vittoria tendono a prevalere su quelle della moralità pubblica, che dovrebbero - invece - essere di riferimento per quanti aspirano, legittimamente, ad interpretare un ruolo di rappresentanza del mandato popolare.
In sostanza, quindi, l’Italia è peggiorata - non poco - in tutti questi anni, nei quali abbiamo sognato di essere divenuti, finalmente, un Paese con un Parlamento ed una cultura politica di tipo bipolare, presumendo che si fosse, addirittura, in grado di esercitare una virtuosa forma di democrazia diretta, benché in termini formali non sia mai stata abbandonata la traccia del parlamentarismo, segnata dai Costituenti nel biennio 1946-48.
Oggi, ci troviamo a fronteggiare le macerie della Seconda Repubblica, con partiti che rischiano, di nuovo, di essere spazzati via dalle indagini della Magistratura penale e con leader improvvisati, che – molto spesso – mostrano poche altre virtù, se non la capacità di affascinare, con gli strumenti fuorvianti della retorica, gli spettatori televisivi ed il merito – invero, effimero – di essere fotogenici.
Di questo passo, la distanza fra cittadini e governanti sarà sempre maggiore, per cui l’Italia conoscerà livelli di astensionismo, che mai erano appartenuti alla nostra tradizione: coloro che saranno eletti, molto probabilmente, saranno espressione di una minoranza del corpo elettorale, per cui il loro mandato non potrà che essere delegittimato sin dalle fondamenta, visto che nasceranno Governi - nazionali e locali - che non avranno il consenso, neanche, della metà degli aventi diritto al voto.
Cosa fare, allora, per risalire la china?
Forse, tornare al passato, auspicando un processo revisionistico, che è già in fieri?
Forse, guardare al futuro, sapendo bene che ciò che si è distrutto non potrà mai tornare sic et simpliciter?
Forse, semplicemente rimanere ad assistere al declino attuale, augurandosi che il prossimo sedicente Salvatore della patria possa - di nuovo - imbonire la piazza mediatica ed acquisire, così, una larga fiducia, utile - almeno temporaneamente - a far scoppiare, finalmente, la pace fra Paese reale ed istituzioni?
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