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Le radici della civiltà occidentale

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martedì, 01 novembre 2016 14:59

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Norcia: Basilica di San Benedetto (prima del terremoto)
Rosario Pesce
L’Italia si sta dimostrando un Paese sempre più fragile, e non solo da un punto di vista meramente geologico.
I crolli, infatti, dovuti ai fenomeni sismici degli ultimi anni, sono la dimostrazione evidente che la nostra nazione è in grado di muoversi solo di fronte all’emergenza, in occasione della quale noi Italiani siamo fra i migliori in Europa, ma non siamo capaci di prevenire e di agire in un’ottica che anticipi il disastro, prima che esso possa consumarsi.
Purtroppo, a venire giù è la parte più ricca di storia del nostro Paese, quell’Italia medievale e moderna, che fu il centro della cultura europea nei secoli scorsi.
È indubbio un fatto: a partire dall’Impero Romano e fino almeno ai tempi della Rivoluzione Francese, l’Italia è stata il centro culturale ed artistico più vivido in tutto il vecchio continente.
Ora, quest’immagine di nazione della cultura e delle arti sta venendo sempre più meno, visto che i limiti, in particolare, della classe dirigente e del ceto politico stanno cagionando danni enormi ad un Paese, che soffre la crisi economica e finanziaria molto di più del resto dell’Europa.
Di fronte all’immobilismo del ceto dirigente, è ovvio che il ruolo guida, che noi Italiani abbiamo avuto nei secoli e nei millenni precedenti, diventa sempre più sfocato, per cui siamo costretti ad andare al traino di altri Stati, che perseguono interessi egoistici, i quali – molto spesso – sono confliggenti con i nostri.
Basta un esempio su tutti: nonostante l’alleanza contratta con gli Stati Uniti, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia non è mai stata, in passato, un servo sciocco degli Americani.
I fatti di Sigonella, ai tempi della Presidenza del Consiglio di Craxi, dimostrarono quanto noi fossimo autonomi rispetto all’alleato atlantico.
Orbene, oggi, questo rapporto di forza non esiste più, per cui, soprattutto negli ultimi mesi, forte è l’impressione che gli Statunitensi condizionino la vita politica del nostro Paese molto di più di quanto non sarebbe giusto nel diritto internazionale ed auspicabile da un punto di vista di mere ragioni di opportunità.
Norcia: frontale della Basilica di San Benedetto (prima del terremoto)
È ragionevole tutto ciò?
Ovviamente, no.
L’Italia ha avuto un fulgido primato culturale ed artistico in passato, che dobbiamo saper difendere e valorizzare, anche perché quel primato fu l’espressione non solo della nostra intelligenza e del talento dei nostri artisti, ma soprattutto perché consentì all’Italia di imporsi su scala internazionale, nonostante, nei secoli del Medioevo e dell’età moderna, non fossimo dotati di uno Stato e di una struttura unica da un punto di vista militare ed istituzionale.
Oggi, quel primato scricchiola, come le abitazioni per effetto del terremoto.
Dobbiamo essere capaci di mettere in sicurezza quei manufatti architettonici, perché essi rappresentano l’immagine plastica di un’Italia che, purtroppo, rischia di scomparire per sempre, non lasciando alcuna traccia di sé ai posteri.
Ne saremo capaci oppure saremo destinati a divenire la retrovia di un’Europa, che fra pochi decenni sarà molto diversa da oggi, sia da un punto di vista culturale-razziale, che religioso?
L’Italia ha sempre dimostrato di saper assorbire le culture più diverse e di restituire, quindi, un prodotto artistico che fosse la sintesi del sincretismo più alto, nobile e mirabile, come ai tempi dei Bizantini o degli Arabi o degli Svevi o dei Goti.
Quella capacità è meritoria di essere ripresa e sviluppata di nuovo, perché il talento umano, che ne è sotteso, consentirebbe al nostro Paese di rilanciare il suo ruolo nel Mediterraneo e di tornare ad essere il centro del nuovo mondo, che si costruirà lungo l’intero corso del secolo e del millennio attuale.
Ne saremo, mai, per davvero capaci?
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