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domenica, 09 ottobre 2016 09:12

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Rosario Pesce
La campagna referendaria per il NO si prospetta in salita, visto che la diversità di risorse in gioco fra gli assertori del Sì e quelli dell’opzione opposta è notevole.
Infatti, non solo il riferimento immediato va all’uso dei media.
È evidente, in primis, che tutte le televisioni principali siano schierate per il Sì, oltreché ai più importanti giornali italiani, che, finanche quando sono timidi nel sostegno al Presidente del Consiglio, comunque danno un contributo per la vittoria del Governo.
Peraltro, molto spesso si è sentito favoleggiare intorno al posizionamento dei cosiddetti poteri forti; orbene, Confindustria ed i sindacati più rappresentativi, tranne la CGIL, sono convintamente assertori del Sì, così da offrire un aiuto non secondario al Premier.
Il NO sta costruendo il suo consenso, invece, in particolar modo puntando su di un atteggiamento della pubblica opinione, che viene veicolato essenzialmente dai social, visto che la libertà di espressione da loro garantita è, indubbiamente, un patrimonio maggiormente vissuto ed avvertito dagli utenti.
I sondaggi, finora pubblicati dalle varie agenzie demoscopiche, attribuiscono un lieve vantaggio al NO, ma si sa bene che gli orientamenti saranno molto meglio definiti nel corso delle ultime due settimane prima del voto, quando peraltro la norma vieta la pubblicazione degli esiti degli stessi.
Sorprende non poco il fatto che, in tutti i campioni demoscopici rilevati, altissima sia la percentuale degli astenuti, a dimostrazione che gli Italiani non sanno, ancora, orientarsi su un quesito molto tecnico ovvero, una volta intervistati, evitano sistematicamente di pronunciarsi, forse anche perché attendono la formazione di una massa critica in un senso o nell’altro.
Nel corso di queste settimane, piuttosto è prevalso il dibattito all’interno dei partiti, ma si sa bene che gli Italiani sono, tendenzialmente, allergici verso tutto ciò che ha un contrassegno partitico molto ridondante, per cui le polemiche fra le correnti delle formazioni partitiche poco o nulla condizionano in merito agli orientamenti della pubblica opinione.
Nelle prossime settimane, ineluttabilmente, i toni della polemica si alzeranno, per cui accadrà ciò che non dovrebbe avvenire: la personalizzazione del conflitto, per effetto della quale il referendum diventerà sempre più un plebiscito pro o contro Renzi e l’azione del suo Dicastero, che si è notevolmente appannata dopo gli entusiasmi iniziali.
Sarà importante che ciascuna delle due parti in gioco spieghi agli Italiani il merito del quesito referendario, per evitare che la campagna del referendum non diventi la mera anticipazione di quella per le elezioni politiche, che dovrebbe essere nella primavera del 2018.
Saranno capaci Renzi ed i suoi Ministri di distinguere il voto per il referendum dalla battaglia politica in senso stretto? Noi crediamo di no e temiamo che, domenica 4 dicembre, gli Italiani voteranno capendo poco del merito della riforma costituzionale, che riteniamo dannosa per le nostre istituzioni, oltreché per la corretta vita democratica del Paese.
Non sappiamo quale delle due opzioni potrà trarre vantaggio da una campagna siffatta, ma invero ne perderanno solo gli Italiani, che voteranno alla cieca.
Noi continueremo a spiegare le ragioni del NO, auspicando che quelle del Sì non si confondano con i ponti da costruire in mezza Italia o con le compensazioni da dare alle minoranze interne a questo o a quel partito.
D’altronde, non basta in verità un bonus di 500 euro per rinunciare ad una fetta di democrazia: le libertà fondamentali non hanno prezzo.
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