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Il dopo Renzi

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martedì, 09 agosto 2016 21:03

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Rosario Pesce
È evidente che la notizia dei prossimi mesi sarà il referendum costituzionale, visto che tutte le attenzioni ruotano intorno ai probabili esiti, che determineranno una svolta nella storia della legislatura odierna.
Se Renzi vincerà, allora tornerà in auge il renzismo più spinto, per cui nel PD scomparirà d’un tratto qualsiasi forma di opposizione.
Invece, in caso di sconfitta, che oggi appare l’evento più probabile, si realizzerà un passaggio, invero, decisivo sia per la carriera del Premier, che per le nostre istituzioni: egli, infatti, non potrà non dimettersi e si riapriranno i giochi, sia per la leadership del PD, che per la Presidenza del Consiglio.
Renzi ha commesso un errore, che – comunque vada – sarà decisivo: aver personalizzato la contesa referendaria, per cui non si voterà più nel merito del quesito, ma si voterà a favore o contro il Governo in carica.
È chiaro che, dopo le elezioni amministrative di giugno, il trend del consenso sia contrario all’Esecutivo, per cui, se la logica degli elettori sarà quella che abbiamo descritto, appare probabile che il “NO” prevalga sul “Sì”.
Allora, è davvero convenuto a Renzi fare del referendum la madre di ogni contesa con i suoi antagonisti, interni ed esterni al PD?
È ovvio che abbia forzato la mano e che, a novembre, rischi di pagare un prezzo altissimo per un errore strategico, che in passato già altri esponenti hanno compiuto.
Abbiamo dimenticato, forse, il 2000, anno nel quale D’Alema fu costretto a lasciare Palazzo Chigi dopo aver perso le elezioni regionali?
Molto probabilmente, Renzi ha ipotizzato che l’onda lunga del renzismo potesse durare molto più a lungo di quanto non sia effettivamente durata, andandosi a scontrare contro il dissenso degli Italiani, sempre più poveri e privati di servizi essenziali.
Ma, il Paese saprà rialzarsi da un’illusione fallita?
È pleonastico sottolineare che, all’interno del PD, già si stiano riorganizzando le correnti, per cui il successore di Renzi sarà individuato in brevissimo tempo: peraltro, gli eredi saranno due, uno alla guida del partito ed uno a capo del Governo, secondo un accordo che, in queste settimane estive, sta per essere stipulato fra l’attuale maggioranza renziana e la minoranza bersaniana.
Cosa rimarrà all’Italia dopo due anni e mezzo di renzismo, in caso di bocciatura referendaria?
Forse, una speranza di rinnovamento della vita pubblica naufragata contro gli scogli della crisi economica?
Forse, un’ulteriore fase politica all’insegna dell’incertezza e del populismo, che, nata grazie ad una ventata di demagogia forte e diffusa, muore per effetto di un movimento di opinione di uguale intensità e, solo, di segno contrario?
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