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Settantuno anni dopo...

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domenica, 07 agosto 2016 00:10

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l generale MacArthur appone la sua firma al documento di resa sulla Missouri
Rosario Pesce
Settantuno anni fa l’orrore della bomba atomica devastò non solo il Giappone, ma il mondo intero, perché gli uomini finalmente presero atto del fatto che fosse stata creata un’arma di devastazione di massa, il cui uso avrebbe potuto spazzare via millenni di storia e di civiltà.
Fortunatamente, da quel momento in poi, molti passi in avanti sono stati fatti per eliminare il rischio atomico, ma questo tuttora persiste.
Infatti, nel corso dei decenni successivi, la Guerra Fredda si è combattuta sull’esile e sottilissimo filo della minaccia atomica, per cui Stati Uniti e Unione Sovietica hanno realizzato la corsa agli armamenti, ben sapendo che mai quelle armi micidiali avrebbero dovuto essere usate: bastava semplicemente il ricordo del Giappone, perché dell’atomica se ne facesse solo uno strumento di minaccia e non un mezzo concreto di offesa contro il nemico di turno.
A distanza di sette decenni dagli eventi di Hiroshima e Nagasaki, quindi il bilancio dell’umanità non può che essere timidamente positivo: mai più quelle armi sono state usate per coventrizzare città intere o per sconfiggere popoli nemici.
Ma, cosa sarà nel corso di questo secolo della scoperta di Fermi e dei fisici italiani dei laboratori di Via Panisperna, che prima di altri intuirono la portata straordinaria dei cambiamenti derivanti dalla scissione dell’atomo?
Il fungo nucleare dell'esplosione atomica sopra Nagasaki
L’uso civile dell’energia nucleare, pure, si è scoperto molto pericoloso, dopo i vari incidenti che sono occorsi - in Russia, in Francia ed in Giappone - alle centrali atomiche che producevano energia elettrica per il consumo non militare.
Oggi, il mondo intero va alla ricerca di fonti di energie alternative, ben sapendo che quelle tradizionali, a partire dal petrolio, sono destinate all’estinzione, per cui, nei prossimi anni, il costo lieviterà a tal punto da non rendere più commercialmente conveniente la loro lavorazione.
Frattanto, una riflessione va, pure, fatta sull’uso militare del nucleare: se è vero che il mondo occidentale non ha più sperimentato le devastazioni derivanti dall’uso di ordigni, come fu quello sganciato dall’Enola Gay, è altrettanto certo che, nei vari conflitti locali, sono state usate armi non meno violente delle nucleari, a partire dai gas tossici, che spesso sono stati adoperati nelle aree asiatiche o africane per risolvere contenziosi fra popoli o, più semplicemente, fra etnie e piccole comunità.
È la dimostrazione plastica che l’uomo non ha mai abbandonato l’idea che, con le armi di distruzione di massa, si possano risolvere atavici conflitti, tesi a dirimere ansie di potere, che sono connaturate strettamente con il dna umano.
Il dottor Stranamore, quindi, è sempre in piena attività?
Molto probabilmente, corriamo sempre lungo un equilibrio sottilissimo, che ci consente di crescere e di sviluppare le nostre potenzialità, anche se l’orrore della morte e delle devastazioni rappresentano l’altra faccia della moneta.
Non c’è progresso, purtroppo, senza morte e diseguaglianze?
Invero, tanto desidereremmo un mondo migliore, ma a volte non sembra, forse, che se ne stia costruendo, scientemente, uno ben peggiore?
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