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Una scelta non condivisibile

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domenica, 11 gennaio 2015 22:48

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Rosario Pesce
Quella, che si sta consumando nel PD campano, è una vicenda grottesca: ormai, siamo ai titoli di coda e, certo, l’esito non ci piace.
Infatti, a quanto pare, nei prossimi giorni, i tre candidati, che hanno raccolto le firme, per partecipare alle primarie, saranno costretti a rinunciare alla competizione, perché, dietro suggerimento dei vertici romani, gli organismi regionali stanno per varare la candidatura di Gennaro Migliore per la Presidenza della Regione, mettendo da parte appunto il voto delle primarie, alla luce di una norma dello Statuto, che lo consentirebbe in presenza di almeno il 60% delle adesioni - in tal senso - da parte dei componenti dell’Assemblea Regionale del partito.
Ci appare, questa, una scelta - invero - assai infelice, così come abbiamo avuto modo di scrivere già in circostanze precedenti, quando si sussurrava della possibilità, che si sarebbe potuto non andare al vaglio del voto popolare per designare il candidato, che dovrà fronteggiare, poi, il Presidente uscente, Stefano Caldoro, in occasione delle elezioni della prossima primavera.
Infatti, un partito, come il PD, che, negli ultimi cinque anni, non ha amministrato né la Regione, né altri importanti Enti Locali, dovrebbe senza alcuna esitazione ricorrere alle primarie, visto che esse, indipendentemente poi dal vincitore, che sarà designato, liberano energie, creando la giusta motivazione, che sola può consentire al primo partito italiano di essere, effettivamente, competitivo nella tornata elettorale primaverile.
D’altronde, il nome del designato, Gennaro Migliore, pur rispettabilissimo, perché si tratta di un dirigente importante, che nel corso della sua carriera ha attraversato la storia di molte formazioni della Sinistra, non affascina, dal momento che, in un territorio - come quello campano - dove il consenso nasce, per lo più, dalla sana gestione e dalla corretta amministrazione, egli ha sempre ricoperto incarichi politici, ma non ha mai amministrato un Ente, che gli possa consentire di raccogliere un voto diverso da quello, strettamente, di bandiera.
Inoltre, ci appare molto strano che Renzi, il quale ha legato il suo successo alle primarie e ad un modo nuovo di interpretare la politica, rispetto ai vecchi riti della Prima Repubblica, abbia deciso di non far svolgere le elezioni in Campania, scegliendo da Roma un candidato non condiviso dalla base.
Il voto campano è fondamentale per molti motivi: non solo si sceglie il Presidente della Regione per i prossimi cinque anni, ma – in particolar modo – si designa una leadership essenziale per la storia politica del Sud.
È noto che il Governatore campano abbia un peso straordinario negli equilibri di qualsiasi partito, vista la grandissima mole di voti, che egli può portare con sé, per cui - come successe ai tempi della Presidenza di Bassolino - l'elezione a Palazzo Santa Lucia gli consente di divenire decisivo nella composizione degli articolati assetti nazionali dei Democratici di Sinistra e, quindi, dell’Ulivo.
Pertanto, data l’importanza della funzione, che si va a designare, è giusto ed opportuno che chi dovrà competere - a maggio - con Caldoro, abbia l’abbrivio di un’indicazione popolare, che possa favorirne il successo nelle elezioni primaverili, quando bisognerà sfidare chi è reduce da un quinquennio di governo locale.
Renzi, forse, ha paura che o Cozzolino o De Luca, vincendo le primarie, possano diventare tanto forti agli occhi della pubblica opinione, campana e romana, da mettere in discussione la sua stessa leadership nazionale?
Non c’è più tempo da perdere: si svolgano, quindi, le primarie - già previste per domenica 1 febbraio - e, se Renzi o i renziani locali intendono benedire un candidato diverso da quelli già in corsa, sia data la possibilità a quest’ultimo (Migliore o chiunque altro) di misurarsi con Cozzolino, De Luca e Saggese in una competizione popolare, fatta alla luce del sole e - soprattutto - nel pieno rispetto delle opportune condizioni di legalità.
Qualsiasi altra scelta non potrà che danneggiare il PD campano, ponendo le condizioni dell’insuccesso nel mese di maggio ed, in particolare, creando una fibrillazione interna, che potrebbe avere esiti tanto gravi, quanto inattesi.
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