Quella di ieri sera č stata la piů bella immagine di Piazza Plebiscito, che si sia mai vista attraverso gli schermi della televisione e della rete: infatti, piů di cinquantamila persone erano assiepate lungo lo spazio delimitato dalla splendida piazza, realizzata dai Borbone a Napoli, allo scopo di rendere un saluto - non lultimo - a Pino Daniele, cantando i versi delle sue canzoni piů famose, in attesa che venisse assunta la decisione circa lo svolgimento dei funerali, confermati nella doppia sede di Roma e della stessa Napoli.
Evidentemente, quella piazza ha messo, plasticamente, in scena un crogiuolo di sentimenti, a cui laffetto delle persone presenti per lidolo, tragicamente scomparso, ha saputo dare espressione nella forma piů composta e civile possibile: esistono degli artisti, che sono il vero Genius Loci di una cittŕ ed, invero, Daniele lo č per Napoli, cosě come in passato lo sono stati Totň o Eduardo o Scarpetta.
Anche, lallontanamento volontario dellartista partenopeo dalla cittŕ natěa ha contribuito ad aumentare lamore nei suoi riguardi da parte di chi č cresciuto, ascoltando le sue canzoni e la sua voce melodiosa.
A volte, si creano le condizioni per unidentificazione, quasi simbiotica, fra una personalitŕ e quanti, in forme diverse, possono dichiararsi suoi fans: orbene, ieri sera, in quella piazza settecentesca, si č creata lopportuna simbiosi fra lo spirito di Daniele e la volontŕ di riscatto di una cittŕ e di un popolo intero, molto probabilmente stanchi di leggere titoli di giornali, che, mentre magnificano il bluesman, mettono in evidenza una volta ancora le piaghe di Napoli, che - ahinoi - sono divenute, per lo piů, quelle dellintera nazione.
A leggere i commenti, anche, di autorevoli giornalisti, infatti, sembrava che la grandezza di Daniele, da uomo ed artista, fosse consistita nellessersi distaccato da Napoli e da una visione, oleografica, della cultura di quella che č stata la capitale del Regno delle Due Sicilie per, circa, sei secoli.
Eppure, non cč stato Napoletano piů verace di Daniele, finanche quando, per esigenze familiari e professionali, ha deciso di vivere a Roma o di appartarsi nella campagna toscana, dove poi č morto in una condizione penosa di assoluta solitudine.
Le sue canzoni nascono da una capacitŕ unica di mettere insieme generi, sonoritŕ e riferimenti molto diversi fra loro, proprio come il popolo napoletano, che č stato in grado di fondere, nel corso dei secoli, le lingue e le culture delle popolazioni, che hanno conquistato e governato, di volta in volta, i territori al di sotto del Volturno e del Garigliano.
Napoli, panorama.
Una fusion, una commistione di linguaggi, che hanno consentito a Daniele di creare una musica originalissima, fondendo la lingua napoletana con lo slang americano, esattamente come hanno fatto i Napoletani, la cui civiltŕ nasce dalla commistione di elementi arabi, spagnoli, greci, latini, francesi, normanni, inglesi, americani.
Pertanto, non cč Napoletano piů autentico di Daniele, che, di questa virtů partenopea, ne ha fatto una cifra artistica: la sua musica č stata spugnosa, in grado di ricevere suggestioni da tutti gli stimoli incamerati e di restituire un esito originalissimo nelle sue conclusioni artistiche, peraltro condite da un talento straordinario.
Mutandis mutatis, il popolo napoletano intendendo, con questo aggettivo, non solo stricto sensu quello della Cittŕ, ma dellintera regione e del Meridione nel suo complesso ha realizzato, per sopravvivere nel corso dei secoli, unoperazione culturale analoga a quella che, in musica, ha fatto Daniele: non č un caso se la naturale vocazione artistica di quelloperosa gente nasca dal fatto che, per farsi comprendere dallo straniero di turno, doveva recitare - in tutti i contesti della vita quotidiana - ricorrendo alla sua proverbiale gestualitŕ ed andando, quindi, ben oltre la mera dimensione delloralitŕ, che puň esistere fra persone che parlano la medesima lingua.
Dunque, non ha senso differenziare la Napoli colta di Daniele da quella popolare, ridotta alla mera macchietta della pizza, del mandolino e del Vesuvio, tipica di certe rappresentazioni non solo infedeli, ma soprattutto inoriginali e costruite ad arte da chi ha avuto - nel corso del recente passato - il privilegio di scrivere la storia ufficiale del Risorgimento italiano e dellUnitŕ nazionale.
Miseria e nobiltŕ, nella Napoli moderna, come in quella del cantautore, spentosi drammaticamente alcuni giorni fa, convivono in modo armonioso, per cui non č opportuno distinguere il Bene dal Male, lartistico dal triviale, in una rappresentazione della vita che si alimenta, necessariamente, dei contributi virtuosi di tutti gli elementi contrari, finanche quando questi possono, legittimamente, apparire stridenti o in aperta contraddizione fra loro.
Pertanto, sarebbe giusto se eventi funesti, come questi, non venissero utilizzati per riproporre limmagine peggiore della Napoli, antica e contemporanea: mai come in tal caso, i messaggi culturali ed informativi serbano un intrinseco valore politico, che non puň essere strumentalizzato o artatamente deformato in vista di finalitŕ poco nobili.
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