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I dolori renziani

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martedì, 23 giugno 2015 18:53

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Rosario Pesce
Con l’inizio del’estate la politica non va in ritiro, ma continua incessantemente la sua attività, per cui, almeno fino agli inizi del mese di agosto, dovremmo aspettarci delle novità importanti.
È evidente che il Governo abbia delle scadenze rilevanti, per cui deve - a breve - fornire delle risposte, che gli Italiani attendono con ansia.
Innanzitutto, c’è il nodo della Pubblica Istruzione e dell’ormai famigerato ddl sulla cosiddetta “Buona Scuola”, che invero ha creato, nei mesi scorsi, un terremoto elettorale che nessuno pronosticava, almeno nelle dimensioni in cui, poi, si è realizzato.
Due sono le alternative, che si presentano al cospetto di Renzi: continuare nel braccio di ferro con il mondo sindacale, legando peraltro le assunzioni dei precari all’approvazione definitiva della riforma, con il rischio conseguente di non immettere in ruolo neanche un docente il prossimo 1 settembre, oppure - con molta più prudenza e cautela - procedere alle nomine in ruolo dei prof. in rapporto alle disponibilità di organico attuali e rinviare al successivo anno scolastico, 2016/17, il varo della riforma, magari facendo propri gli emendamenti, che vengono promossi non solo dai Grillini, ma soprattutto dalla minoranza del PD.
Inoltre, è evidente che Renzi debba risolvere un problema politico importantissimo all’interno del suo stesso partito: quello della questione morale, perché è pleonastico sottolineare che le indagini della Procura di Roma abbiano creato un clima greve intorno al PD della capitale, che non può protrarsi a lungo, così come non si può immaginare che Marino possa continuare a fare da scudo per gli errori compiuti dai suoi più illustri predecessori.
Renzi decida: o Marino ha la sua fiducia, per cui è giusto che il PD lo ricandidi alle prossime elezioni amministrative, oppure - se ritiene che il suo nome non sia più spendibile per il ruolo di Sindaco della città eterna - è giusto che il Segretario Nazionale del PD lo comunichi a chi, in questo momento, sta conducendo una battaglia solitaria contro il malcostume e la corruzione nella Pubblica Amministrazione.
È ovvio che la sconfitta, in occasione delle elezioni regionali di maggio, abbia indebolito il Governo, perché non solo il PD ha perso due milioni di voti, ma in particolare in quanto non emergono forze nuove, che possono corroborare l’azione renziana: gli unici due partiti, che acquisiscono consensi, sono i Grillini e la Lega, che naturalmente rappresentano l’alternativa più forte all’attuale maggioranza parlamentare, per cui mai, nel corso della presente legislatura, essi potrebbero fornire i loro voti per evitare il crollo di una compagine di Governo, dalla cui caduta potrebbero trarre vantaggi elettorali, peraltro non di poco conto.
Pertanto, non potendo conquistare nuovi voti in Parlamento, è giusto che Renzi mediti molto opportunamente sulle scelte, che va a compiere, visto che è in gioco non solo la vita dell’Esecutivo, ma la possibilità stessa che il PD, in quanto forza filogovernativa, possa continuare ad interpretare un ruolo essenziale nelle sorti della nostra democrazia.
Renzi stesso ha dichiarato che questo è il momento peggiore della storia recente del suo Gabinetto: mediti, pertanto, sulle scelte che lo hanno condotto, in modo scellerato, a perdere tantissime simpatie nel corso degli ultimi dodici mesi e, soprattutto, eviti di affidarsi a quanti hanno dimostrato di essere animati da un desiderio, unicamente, revanchista nei confronti dei vecchi avversari interni, perché la politica della rottamazione, se basta per vincere un Congresso o una primaria, non è sufficiente né a governare il partito, né - a maggior ragione - a dare un orientamento ad un Paese, che oggi è non meno sfiduciato della Grecia.
Saprà Renzi, dunque, trarre insegnamento dai suoi grossolani errori o continuerà a percorrere una strada senza via d’uscita?
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