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Rosario Pesce
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Ormai, gli Italiani – a torto o a ragione – si sentono fuori dall’emergenza Covid.
Se si passeggia per qualsiasi città, si nota che si sta tornando progressivamente alla vita normale, a volte eludendo finanche la legge e la prescrizione dell’uso della mascherina in quelle regioni che, ancora, la consacrano come obbligatoria.
Non sappiamo a quali conseguenze, sul piano sanitario, un simile atteggiamento può portare il nostro Paese.
Forse, ad una nuova chiusura a seguito di un’impennata dei contagi?
O, forse, come scrive l’autorevole virologo Tarro, siamo in presenza degli ultimi colpi di coda di un virus, che ha compiuto la sua funesta parabola omicida?
Certo è che il caldo estivo contribuirà a farci dimenticare le sofferenze dei mesi scorsi ed i giovani, in particolare, non applicheranno invero le disposizioni sanitarie, che prevedono l’uso dei dispositivi ed i divieti di assembramento.
Gli Italiani, almeno in termini psicologici, avvertono la necessità di tornare alla normalità e, dopo due mesi di chiusura totale ed un terzo di forti limitazioni, è chiaro che il loro desiderio è più che legittimo.
Ma, siamo davvero fuori?
È ovvio che nessuna persona avveduta possa fare una previsione a tal riguardo, ma i bisogni degli individui devono essere ascoltati ed, anche, la politica non può ipotizzare che le prescrizioni ed i divieti – per quanto giusti e legittimi – possano essere osservati da tutti con il medesimo scrupolo degli ultimi mesi.
Usciamo da un periodo che rimarrà nella storia e non conosciamo, ora, gli esiti sanitari per gli stessi pazienti già guariti dal Covid.
Ma, la vita deve tornare alla normalità di una birra fra amici e di una pizza in compagnia, se non si vuole che la depressione torni sovrana.
L’Italia è un paziente in stato di convalescenza; sta muovendo i primi passi dopo una lunga patologia, ma – con tutte le precauzioni possibili e realistiche – è necessario che questo paziente si alzi dal letto e torni a muoversi, a condividere momenti di socialità con i suoi simili.
Ipotizzare di governare il Paese con il terrore ed il lanciafiamme – come si è fatto, giustamente, nei mesi di marzo ed aprile – è improponibile, a meno che non si voglia suscitare reazioni peggiori del male che si vuole prevenire.
Ed, allora, evviva un Paese di nuovo in cammino verso uno status di possibile normalità, che è – comunque – una mèta ancora molto lontana.
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