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Rosario Pesce
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È evidente che la tragedia, che stiamo vivendo, ci mette di fronte ad una nuova consapevolezza: noi esseri umani siamo limitati, a tal punto che una semplice proteina, ricoperta da un filamento di grasso, è in grado di contagiare milioni di persone e di determinare la morte di molti di loro.
Pertanto, questa nuova consapevolezza della nostra debolezza, maturata in modo drammatico a seguito di quanto sta accadendo nel mondo, dovrebbe alla fine della crisi sanitaria determinare una mutazione del nostro carattere e dei comportamenti dell’umanità.
Il mito positivista dell’onnipotenza dell’uomo e della sua capacità di dominare la natura va a farsi benedire di fronte alle morti che sta cagionando il Covid.
Siamo parva materia effettivamente, se un virus è in grado di cambiare in modo così radicale il corso della storia, della politica, della finanza e dell’economia a livello planetario.
Un tempo, erano i conflitti a poter generare effetti simili ovvero le rivoluzioni, che a loro volta erano cagionate da precedenti guerre e determinavano momenti bellici ancora più cruenti.
Oggi, è un virus invece che sconvolge l’ordine mondiale in modo irreversibile ed imprevedibile in merito ai possibili effetti, visto che - ad oggi - non sappiamo quando la crisi sanitaria terminerà, quale sarà il bilancio dei morti e, soprattutto, quali conseguenze si creeranno sulla vita concreta degli uomini, che ovviamente non potranno che avere un minor numero di certezze di prima.
Ci rimane solo Dio, in cui credere ed a cui chiedere di porre fine al dramma che stiamo vivendo, così come l’umanità pure ha fatto in altri momenti della sua storia.
Forse, l’uomo sarà più solidale con il suo simile, quando finirà l’emergenza?
Forse, sarà ancora più cinico ed egoista, perché di fronte al pericolo della morte prevarrà il “mors tua, vita mea”?
Certo è che la conflittualità sociale non potrà che crescere in modo esponenziale e questo dato costituirà già un esito nefasto per molte comunità, visto che il conflitto è sempre foriero di ulteriori morti e distruzioni.
Forse, all’alba del terzo millennio, stiamo scoprendo sulla nostra pelle che le sorti progressive dell’umanità sono solo un feticcio di una cultura che, oggi, è quanto mai distante da noi?
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