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Rosario Pesce
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Quella che nascerà dopo il voto del 26 maggio sarà - comunque vadano le elezioni - un’Europa ben diversa da quella che abbiamo conosciuto nel corso degli ultimi venti anni.
Due sono le opzioni: o vinceranno i sovranisti e, quindi, il progetto di costruzione dell’Unione subirà un pesante colpo o vinceranno le forze europeiste – tutte insieme, sia del fronte democratico che di quello liberale – per cui l’aspirazione dei padri costituenti non sarà messa da parte, ma potrà essere rilanciata sulla base di un’analisi critica di quanto non ha funzionato.
È ovvio che, in tale cornice, il voto italiano avrà una duplice valenza.
Si verificherà, in primis, se l’umore popolare del nostro Paese è in linea o meno con quello dell’intero continente; inoltre, il risultato sarà un banco di prova importante per gli equilibri politici, che si sono consolidati nel corso dell’ultimo anno, all’indomani del voto del 4 marzo 2018.
Crediamo, invero, che le proiezioni, pubblicate con i vari sondaggi, siano un po’ tutte più o meno lontane dagli esiti effettivi, che le urne ci restituiranno il 27 maggio, perché le notevoli differenze, che si registrano fra un sondaggio ed un altro, dimostrano bene quanto sia confusa la pubblica opinione nazionale e quanto siano ondivaghi gli orientamenti dei cittadini, che possono mutare in modo radicale - finanche - nel corso di poche settimane.
Certo è che il voto del 26 maggio sarà un vero e proprio referendum a favore o contro l’Europa, che tutti i principali Stati hanno costruito nel corso dell’ultimo ventennio, all’indomani della caduta del Muro di Berlino.
Prevarrà lo spirito europeista, pur al di là dei limiti che la costruzione dell’Unione ha palesato indubbiamente, o prevarranno le paure e le ansie di quanti sono fuori dal consesso sociale e di chi teme di poter essere estromesso dal circuito della produzione e, dunque, del benessere?
Far saltare il progetto europeo sarebbe una sconfitta per tutti, visto che il ritorno agli Stati nazionali ed alla loro sovranità potrebbe restituire, al nostro continente, un clima di paura simile a quello che si respirava agli inizi del secolo scorso, prima dello scoppio del Conflitto Mondiale.
La saggezza, quindi, sconfiggerà il populismo?
Forse, siamo all’alba della riproposizione di un nuovo sogno o dell’avvio di un incubo inquietante?
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