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Presa della Bastiglia di Houel -Jean-Pierre Houël - Bibliothèque nationale de France
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Rosario Pesce
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Il 14 luglio 1789 è una data fin troppo importante nella storia d’Europa per essere rimossa.
La presa della Bastiglia volle, infatti, significare non solo l’inizio simbolico della Rivoluzione Francese, ma l’incipit di una fase nuova per l’intero continente, che era reduce da un millennio di storia medievale, che di fatto veniva chiuso con un evento traumatico, che segnò l’essenziale discontinuità per i Francesi e, poi, per il resto d’Europa.
A distanza di oltre due secoli, quei fatti segnano ancora un discrimine importante nello sviluppo della storia non solo di un popolo, quello francese appunto, ma di un intero insieme di nazioni e di Stati.
Il vero ingresso nel mondo della modernità, infatti, si realizzò con la presa della Bastiglia e con tutti i fatti rivoluzionari, che ne conseguirono, che portarono la Francia, almeno per un ventennio, a cavallo fra Settecento ed Ottocento, ad essere un punto di riferimento ineludibile per un continente intero, che guardava a Parigi come all’avanguardia di un movimento di riforme più ampio ed articolato, che poteva e doveva interessare tutta l’Europa di quel tempo.
Il crollo del re assoluto e l’introduzione del parlamentarismo, per quanto fossero stati già realizzati in Inghilterra, videro nei fatti francesi l’autentico inizio di una nuova epoca, che portò l’Europa ad essere modello, perfino, per gli Stati fuori dal continente.
Non possiamo, infatti, dimenticare che i principi rivoluzionari francesi furono gli stessi che avevano, già, portato all’autodeterminazione del popolo americano e che, per tutto il primo Ottocento, indussero la nascita di nuove Repubbliche in Italia ed in molti altri luoghi simbolo dell’Europa di inizio Ottocento.
I concetti stessi di “libertà” e di “democrazia” trovarono compimento in quegli eventi, a tal punto che, tuttora, si adopera il lessico che venne coniato durante gli anni della Rivoluzione, a dimostrazione del fatto che quei fatti, politici e militari, hanno informato tutta la storia successiva, condizionandola in modo evidente e, finanche, ridondante.
Oggi, l’Europa si trova di fronte ad una nuova svolta.
Non si può negare che l’arrivo massiccio di tanti extracomunitari, ineluttabilmente, modificherà il volto delle nostre comunità, per cui, fra un ventennio, quando il fenomeno migratorio avrà determinato la nascita e la crescita di una rinnovata generazione di cittadini europei, l’Europa sarà ben diversa da quella che abbiamo conosciuto nell’ultimo scorcio del ventesimo secolo.
Siamo nati – almeno, la nostra generazione – con il conflitto fra Est ed Ovest ed, ora, siamo in presenza, invece, di uno spostamento di centinaia di migliaia di individui, che modificheranno l’economia, la politica, le abitudini, la società ed i costumi di noi Europei in modo così ampio e radicale, che nessuna Guerra del recente passato potrà essere paragonata, per gli effetti indotti, agli eventi che si sono consumati nel corso degli ultimissimi anni.
Orbene, la nuova Europa sarà migliore di quella passata?
O, forse, come nel caso della Rivoluzione Francese, da cui siamo partiti con la nostra analisi, siamo tutti in attesa di un nuovo Napoleone, che per un verso è in grado di sublimare, per un altro di negare le conquiste rivoluzionarie?
Certo è che, fra due secoli, le vicende di questi ultimi anni saranno lette, dagli storici, come il segno di un cambiamento epocale, paragonabile – per rilevanza e portata – solo a ciò che venne dopo quell’insostituibile 14 luglio 1789.
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