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Rosario Pesce
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È evidente che il Campionato del Mondo in svolgimento in Russia sta dimostrando come il calcio è un gioco di squadra e, come tale, deve essere gustato dal tifoso.
In passato, in presenza di grandi campioni del livello di Pelé, Maradona, Platini, Rumenigge, era il valore tecnico del singolo che condizionava, non poco, gli esiti della competizione iridata.
Un esempio su tutti: l’Argentina del 1986, che vinse il Mondiale messicano, era una squadra nella norma, ma aveva un calciatore, Maradona, che da solo (o quasi) fu in grado di vincere un Campionato, a cui partecipavano squadre, finanche, più forti di quella argentina.
Oggi, non è così.
Giocatori di quel livello non esistono più, per cui il Messi o il Neymar di turno non sono andati oltre i quarti di finale, a dimostrazione del fatto che, per quanto grandissimi essi siano, non sono comparabili ai fenomeni degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, sia europei che sudamericani, che hanno portato al successo squadre non sempre tra le più forti.
Peraltro, non può sfuggire a nessuno che, negli ultimi venti anni, il gioco del calcio si sia molto velocizzato, per cui i grandi calciatori, nonostante i loro valori tecnici, possono andare in difficoltà contro calciatori più giovani, che si esaltano quando il gioco si costruisce interamente sull’agonismo e sulla forza fisica.
D’altronde, l’introduzione del gioco a zona ha modificato, anche, le modalità di allenamento delle squadre di club e, quindi, di quelle delle Nazionali, che ne sono immagine speculare.
Moltissima importanza si dà, sin dai vivai, alla tattica e pochissima alla tecnica, per cui perfino un calciatore non eccellente può esaltarsi, quando riesce ad integrarsi nel modulo di gioco del suo allenatore meglio del compagno, che magari è dotato di migliori mezzi tecnici.
E se, come abbiamo sempre detto, il calcio è metafora della vita, non possiamo non imparare dal mondo dello sport, perché il collettivo viene sempre prima della singola individualità, per cui è molto meglio un consesso sociale nel quale si fa gioco di squadra, piuttosto che uno che tende a celebrare le virtù di un individuo rispetto agli altri.
Ma, è proprio così facile passare dal calcio alla politica ed alla società?
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