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Rosario Pesce
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Disegnare e realizzare una scuola inclusiva non è, certo, impresa facile, ma deve essere l’obiettivo di tutti gli operatori scolastici, dai dirigenti ai docenti, dalle famiglie ai rappresentanti degli altri Enti, che collaborano con le Scuole per l’implementazione dell’offerta formativa.
In tal senso, non è solo un dovere giuridico, ma in primis un obbligo morale ed educativo consentire a chi presenta delle difficoltà di essere messo nelle condizioni di superare un siffatto disagio e di potere, quindi, conseguire risultati analoghi a quelli che possono essere conseguiti da chi, invece, parte da una condizione migliore per diversi ordini di motivazione.
È ovvio che una siffatta Scuola ha bisogno di risorse economiche importanti, ma in particolare necessita di risorse professionali, che sono sempre la principale forma di ricchezza, visto che il capitale umano non ha eguali.
E, per tal motivo, non si può non auspicare un continuo processo di formazione dei nostri operatori scolastici e, laddove necessario, un ricambio generazionale che sia più fluido e continuo, perché è ineluttabile che il lavoro dei docenti sia mutato tantissimo nel corso degli ultimi decenni e, quindi, sia opportuno un turn over in grado di garantire il necessario supporto di risorse rinnovate ed innovatrici, ad un tempo.
Ma, nonostante le difficoltà che un simile percorso può incontrare, è chiaro che non solo è seducente realizzare una scuola compiuta dell’inclusione: è esaltante, innanzitutto, poter determinare l’incontro in analoghe condizioni culturali di coloro che, invece, non per propria colpa partono da status diversi, per ragioni sociali o di disagio individuale o per talento o per innate competenze.
Un simile tentativo non può non andare avanti, però, con una riqualificazione complessiva del lavoro dei docenti, visto che, nel corso degli ultimi anni, esso è sempre meno considerato, a tal punto che molti giungono ad offenderlo con giudizi inappropriati o, peggio ancora, ledono l’intangibilità dei professori con atti di violenza che non si addicono ad una società moderna ed evoluta.
La società parte dalla scommessa dell’istruzione e dell’educazione: senza queste, non è possibile disegnare alcun orizzonte possibile di crescita per le generazioni che saranno protagoniste dei prossimi decenni: l’alternativa è l’ignoranza, che può dare solo mortificazione al singolo e può fare arretrare, ulteriormente, il consesso civile.
Con la cultura, disse una volta - in termini infelici - un rappresentante del mondo della politica, non si mangia.
Mai, frase più infelice di quella può essere detta o pensata: il futuro parte da un “hic et nunc”, che si chiama “scuola” e che non può essere sostituito da nessun altro luogo o spazio di azione.
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