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Rosario Pesce
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È evidente che, nel nostro Paese, in questo momento storico esiste un deficit della credibilità ed autorevolezza della politica, che ha portato l’elettorato, lo scorso 4 marzo, ad esprimere un voto nettamente dissenziente verso le élite e le classi dirigenti degli ultimi venti anni.
E, peraltro, i due mesi circa successivi al voto non hanno, di certo, migliorato la situazione, visto che l’incapacità dei partiti a dare un Governo credibile alla nazione non può che allontanare, ulteriormente, gli Italiani dal dibattito, che pure si svolge sulla carta stampata ed attraverso i nuovi media.
Inoltre, non può sfuggire il fatto che, nel corso degli ultimi venti anni, si sia creata un’ambiguità, che difficilmente si può diradare nel giro di pochissimo tempo.
La nostra è una Repubblica parlamentare, per cui i Governi si fanno e si disfano nelle aule parlamentari, mentre gli Italiani hanno un’idea di democrazia diretta che non coincide con la realtà istituzionale e con quella della Costituzione vigente.
Non è un caso, se è discutibile – e non poco – il vezzo degli ultimi venti anni, per cui i partiti hanno indicato, nei rispettivi loghi, il nome del Presidente del Consiglio, come se questi possa essere espresso in modo diretto dagli Italiani e non essere investito dal Capo dello Stato, sulla base di riflessioni di ordine politico-istituzionale, che sono riservate unicamente alla prima magistratura del nostro Paese.
D’altronde, gli stessi Grillini hanno contribuito non poco a rinfocolare un simile errore, quando in campagna elettorale hanno presentato una lista di ipotetici Ministri, violando di fatto una norma costituzionale ed una di prassi, che vuole che gli stessi Ministri non possano essere nominati prima della ratifica di un autentico accordo politico fra le forze, che concorrono a dare vita all’Esecutivo.
Peraltro, è la prima volta che, nel nostro Paese, un candidato alla Presidenza, come Di Maio, dichiara che una forza o un’altra sono indifferenti nella composizione della maggioranza parlamentare, come se non ci fosse differenza fra il PD e la Lega, a dimostrazione del fatto che esiste quel deficit di vision, cui abbiamo fatto riferimento prima.
Ma, certo non si può non prendere atto dello status quo e procedere, tenendo presente quali sono i vincoli entro i quali ci si può muovere, visto che, inoltre, gli ultimi tentativi di riformare la Costituzione sono andati, tutti, miseramente falliti, a prova del fatto che, se per un verso gli Italiani rigettano il ceto politico, per altro sono molto motivati nel difendere la Carta Costituzionale pubblicata nel 1948.
Forse, ne usciremo con un Governo di transizione, che porterà il Paese, a breve, a nuove elezioni?
In quel caso, a perdere sarebbero tutti gli attori attuali, per cui non possiamo non auspicare che, nella chiarezza e nella trasparenza degli atti politici, nasca per davvero una maggioranza che dia un Governo al Paese, anche tenendo conto del mandato esplorativo (e dei suoi limiti) che il Presidente Mattarella ha assegnato a Fico.
Forse, è l’ultima occasione utile per la legislatura appena iniziata?
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