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Rosario Pesce
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È evidente a tutti che Renzi non abbia intenzione alcuna di lasciare lo scettro per davvero ad altri, per cui, nonostante le dimissioni, egli continua pesantemente a condizionare i gruppi parlamentari del PD e a dare il suo indirizzo alle trattative in corso per la formazione del Governo.
D’altronde, un simile esito era scontato, visto che la stragrande maggioranza dei parlamentari sono stati indicati da lui nei listini proporzionali e, quindi, rispondono tuttora al Capo che ha consentito loro l’ingresso in Parlamento.
Ma, di fronte alla proposta di collaborazione avanzata da Di Maio ed alla conseguente disponibilità al dialogo offerta da Orlando e Franceschini, è chiaro che il partito corre il rischio molto serio di una scissione, che non gioverebbe a nessuno, visto che si creerebbero due gruppi parlamentari non capaci, numeri alla mano, di essere determinanti per la formazione di alcun Esecutivo.
Dunque, il comportamento di Renzi rischia di essere autolesionista, anche perché in Italia, in questo momento storico, non crediamo che esiste uno spazio per una forza moderata, alla maniera di quella di Macron in Francia, che di fatto, pur definendosi ancora progressista, sarebbe solo l’ennesima appendice di Forza Italia lontana dal Biscione.
È ovvio che la situazione complessiva non sarà mai chiara, se prima non si farà chiarezza, all’interno del PD, sulla futura leadership.
Martina è persona ottima e politico esperto, ma è naturalmente debole, visto che non è stato legittimato da nessun voto e, quindi, solo un’investitura formale potrà dargli la forza necessaria per apparire autorevole agli occhi sia dei suoi, che degli esponenti degli altri partiti.
Ma, fino a quando Renzi consentirà a Martina uno spazio di gestione autonoma del PD?
Forse, per davvero, sarà necessaria la conta in Assemblea fra chi vuole un PD, ancora, a trazione renziana e chi, invece, vuole in modo legittimo mettersi alle spalle Renzi ed il renzismo, per aprire finalmente una nuova stagione, che bisognava inaugurare già dopo la disfatta del referendum del 4 dicembre 2016?
Sono domande essenziali, queste, che attendono una risposta, visto che, in assenza di dati certi, le consultazioni per il nuovo Governo daranno un esito, ancora, negativo.
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