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Rosario Pesce
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È chiaro che il nostro Paese vive, in questo momento, un problema di leadership, dal momento che non si riesce ad individuare il nome di una personalità che possa essere in grado di far crescere intorno a sé una maggioranza parlamentare e, quindi, un Governo che diano un senso alla legislatura avviata con il voto dello scorso 4 marzo.
Tutti i leader in campo rappresentano la loro forza politica, ma il consenso, che sono capaci di compulsare, non va oltre i limiti di questa, per cui assai difficilmente, per tal via, Di Maio o Salvini saranno in grado di far nascere un’alleanza che possa conseguire la maggioranza necessaria in Parlamento.
È ovvio che si pagano gli scotti di una legge elettorale assurda, che non ha consentito al partito o alla coalizione più forte di conquistare la maggioranza assoluta dei seggi, ma è anche vero che la nostra è una democrazia parlamentare, per cui i Governi devono nascere all’interno dell’Assise e non attraverso il voto diretto degli Italiani.
In tal senso, non solo è in salita il percorso che porterà alla formazione del nuovo Dicastero, ma si rischia di perdere moltissimo tempo di fronte ad un’emergenza politica lapalissiana.
Le istituzioni democratiche devono poter funzionare in modo pieno e sarebbe tragico se in Italia, come in Germania, fossero necessari sei mesi per giungere a comporre un Esecutivo, che dia stabilità alle nostre istituzioni.
Pertanto, sarebbe opportuno e necessario un passo indietro da parte di tutti coloro che non sono in grado di coagulare intorno a sé maggioranze vaste, perché solo da una premessa siffatta può avere origine un tentativo serio di dare governabilità ad un Paese, come il nostro, che ha conosciuto un numero fin troppo alto di crisi e di passaggi a vuoto.
Ed è chiaro che, anche nei singoli partiti, le ragioni della costruzione devono prevalere su quelle dell’interdizione, per cui ipotizzare che ci sia qualche leader sconfitto (Renzi?), che sta scommettendo sul fallimento degli altri non solo non è comprensibile, ma diviene controproducente per chi lo fa.
Ma, come siamo soliti dire, questa è già un’altra storia.
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