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Rosario Pesce
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Il 17 marzo 1861 si riunì a Torino, per la prima volta, il Parlamento del neonato Regno d’Italia.
Da quella data ad oggi è stato fatto molto cammino ed il nostro è divenuto uno dei Paesi più importanti al mondo in termini economici e politici, in particolare verso la fine del secolo scorso.
Abbiamo conosciuto due Guerre Mondiali, il Fascismo, la Resistenza, la nascita della Repubblica, la Guerra Fredda, la globalizzazione.
Questi sono tra gli eventi più importanti fra quelli che la nostra storia ha fatto registrare nel corso dei cento cinquantasette anni che ci separano dal 1861.
Da una semplice espressione geografica – quali eravamo alla fine dell’Ottocento – siamo divenuti una nazione sufficientemente coesa al suo interno ed abbiamo edificato uno Stato, come quello che si fonda sull’odierna Costituzione, che rappresenta - tuttora - un modello per molte nascenti democrazie.
Certo, le problematiche non mancano, ma tutti gli Stati europei incontrano difficoltà in questa congiuntura storica: la Germania, finanche, ha impiegato sei mesi per dar vita ad un Governo che riproduce, nello schema partitico, quello della precedente legislatura, a dimostrazione del fatto che, in questo inizio di nuovo millennio, tutte le democrazie occidentali hanno incontrato difficoltà nel loro percorso istituzionale.
In verità, pur non essendo più la quinta potenza economica al mondo, il nostro sistema produttivo continua ad essere competitivo sul mercato internazionale, benché la ridistribuzione delle ricchezze tenda a riprodurre delle iniquità, che la politica deve eliminare.
Forse, la principale crisi, che si sta protraendo da qualche anno, è proprio quella che investe il ceto politico, che agli occhi dei nostri connazionali è così delegittimato, da determinare gli esiti delle recenti elezioni generali.
Ma, il nostro è un Paese, comunque, molto forte: dove non è in grado di arrivare la politica, le associazioni, la Chiesa e l’iniziativa libera dei cittadini sono capaci di corroborare e di compensare eventuali mancanze altrui.
Certo, una tendenza, tipicamente medievale, alla continua contrapposizione frontale permane all’interno della nostra società, ma è anche vero che, nei momenti essenziali, gli Italiani sono stati capaci di andare oltre ogni differenza e di realizzare grandi risultati, il più grande dei quali è stato, invero, quello della ricostruzione materiale e morale dopo la caduta del Fascismo e la conclusione della Seconda Guerra Mondiale.
Pertanto, non si può non guardare con prudente ottimismo al futuro: noi Italiani, nelle difficoltà, siamo in grado di dare sempre il meglio di noi stessi e, certamente, saremo in grado di uscire, anche, dall’impasse odierna, che coinvolge tutti i Paesi ad economia capitalistica impegnati in una ristrutturazione profonda del loro sistema di produzione e sociale.
Evviva l’Italia, evviva gli Italiani!
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