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Rosario Pesce
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È ben noto che una delle arti nobili del nostro Paese sia la musica, per cui il suo insegnamento non può che essere una delle punte di diamante dell’istruzione.
Essa è fondamentale in molti aspetti.
I giovani allievi, attraverso l‘esercizio musicale, imparano non solo le regole dello spartito e, quindi, un linguaggio diverso da quello verbale ordinario, ma soprattutto acquisiscono capacità di concentrazione e di meditazione, che poche altre attività mentali sono in grado di indurre con la medesima efficacia.
In tal senso, insegnare musica non solo è uno specialismo, ma in particolare può costituire un modo complementare per portare a termine la formazione virtuosa di un discente.
D’altronde, nessuno ignora il grande credito che, nel mondo greco, aveva la musica, che per Platone era un insegnamento secondo - per dignità assiologica - solo alle matematiche nella formazione culturale di un individuo.
Il nostro Paese dà grande importanza, nei curricoli scolastici, all’insegnamento musicale: da più di un ventennio esistono, nella secondaria di I grado, i corsi ad indirizzo musicale, mentre nella secondaria di II grado, ormai, hanno preso piede i Licei Musicali, che sono una parte non irrilevante dell’offerta formativa di quel segmento di scuola secondaria.
È giusto, pertanto, che la musica abbia sempre più spazio nei curricoli scolastici, in primis a partire dalla Primaria, dove non è prevista la figura di un insegnante specifico, anche se sempre più numerosi sono i progetti di ampliamento dell’offerta formativa, che vengono condotti fra i banchi della Scuola Elementare (come si chiamava un tempo), tesi allo sviluppo di adeguate competenze musicali nella fascia d’età fra i sei e gli undici anni.
Sarebbe, forse, opportuno introdurre la figura, quindi, del docente di musica, dotato di adeguati titoli professionali ed accademici, che possa integrare ed arricchire la composizione delle odierne Interclassi?
Certo, questo passo – se venisse previsto dal legislatore – sarebbe un arricchimento importante delle competenze degli stessi insegnanti della Scuola Primaria, visto che verrebbe introdotta la figura di un professionista, che non può che far bene alla crescita di un ordine scolastico essenziale per l‘istruzione nel nostro Paese.
È, questa, una suggestione che può (e dovrebbe) divenire realtà nel nostro Paese, visto che la musica rappresenta, fra le altre cose, una delle voci più importanti dell’economia italiana.
Andare a sensibilizzare ed a compulsare, con adeguati professionisti, una formazione specialistica sin dai primi anni dell’istruzione obbligatoria, sarebbe un motivo di crescita rilevante per l’intero comparto dell’Istruzione italiana.
Non si può, pertanto, che confidare nel prossimo Ministro dell’Istruzione, affinché venga introdotta una riforma in tal senso, che potrebbe - per davvero - far decollare l‘insegnamento delle arti in Italia.
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