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Mosaico romano raffigurante una compagnia teatrale mentre si prepara per uno spettacolo
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Rosario Pesce
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È evidente che il nostro mondo moderno abbia rinnegato molte cose della cultura antica, visto che, ad un certo punto della storia occidentale, si è prodotta una cesura fra ciò che eravamo prima e ciò che siamo divenuti dopo.
In tal modo, la società occidentale si è incamminata lungo il percorso della tecnica e della tecnologia ed ha abbandonato la via della saggezza filosofica, quella dote, cioè, che consentiva uno sguardo teoretico, purtroppo, miseramente fallito.
Si può, forse con una certa approssimazione, individuare nell’Ottocento e nella cultura positivista il momento storico del distacco fra antico e moderno: la teoresi ha lasciato il posto alla riflessione unicamente destinata all’utile, così da creare uno scarto autentico fra ciò che è vero di per sé e ciò che, invece, necessita in funzione del profitto e del conseguimento di una condizione migliore di vita per tutti.
L’abbandono della teoresi in nome del principio di utilità ha, indubbiamente, prodotto vantaggi notevoli per la nostra società, che si è arricchita, è cresciuta, ha realizzato un’infinità di nuovi beni ed è arrivata a traguardi impensabili solo pochi decenni or sono.
Ma, la mancanza della Verità – quella che, per secoli, hanno ricercato teologi e filosofi – non può non segnare la vita di chi conosce, solamente, la dimensione dell’hic et nunc ed ignora, invece, l’orizzonte della trascendenza e dell’eterno.
Finanche, le arti hanno lasciato il posto alla mera tecnica, per cui, da un certo punto in poi, la creatività dell’Uomo si è subordinata all’imperio dell’economia ed alle ragioni del mercato.
Un esito forse scontato, che però disorienta una civiltà priva di punti di riferimento autentici.
Dove va il mondo?
Cosa noi siamo?
C’è un mondo diverso dal nostro, che ci ospiterà quando arriverà a conclusione il percorso terreno della vita?
Domande, queste, che sono state troppo rapidamente derubricate e che sono divenute, quindi, l’alimento migliore solo per pochissime menti raffinate, con il vezzo della teoresi e dell’astrazione rispetto al concreto.
Così, il mondo va, ma dietro non vi è l’orizzonte speculativo di un tempo: è un andare privo dello sfondo della Verità, l’unica che può informare di sé la riflessione di chi non corre dietro alla battuta facile e al ragionamento, meramente, utilitaristico.
Ed, allora, cosa si produrrà?
Nessuno, invero, può prevederlo con adeguato spirito di riflessione, ma certo siamo partecipi di una vicenda collettiva che ha un tono “minore” rispetto a quello della classicità, di una classicità che, purtroppo, è solo mero ricordo per quanti hanno l’intelligenza di guardare indietro per andare avanti.
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