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Il foro sul pavimento creato dalla bomba
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Rosario Pesce
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Quarantotto anni fa si consumava la strage della Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano, che dava avvio, di fatto, alla stagione del terrorismo e che chiudeva, quindi, un periodo molto fervido per la democrazia italiana, quale fu quello dei Governi di Centro-Sinistra, che dal 1962 aveva segnato l’Italia, consentendo progressi importanti nella legislazione del lavoro e dei diritti civili.
L’Italia, dunque, in quel funesto 12 dicembre 1969, conobbe la violenza fascista, che colpì in un ufficio bancario in un venerdì pomeriggio particolarmente affollato, visto che gli agricoltori lombardi – per lo più clienti di quella Banca – erano soliti, in quei giorni, effettuare tutte le operazioni contabili necessarie prima dell’arrivo di Natale.
È evidente che quel 1969 rappresentò, di conseguenza, una data spartiacque nella storia italiana, visto che grandissimi fenomeni di violenza non si erano prodotti a partire dal 1945 in poi.
I partiti politici risposero in ordine sparso: era ovvio che l’equilibrio raggiunto con i Governi a conduzione democristiana e retti dal Partito Socialista, di fatto, si dimostrava insufficiente rispetto ad un’emergenza democratica, che ebbe negli anni successivi una rapida escalation.
Pertanto, si rese necessario, dopo quell’attentato e gli altri che ne seguirono, ampliare la base sociale di consenso verso il sistema democratico, tentando di costruire in Parlamento un dialogo, anche, con i Comunisti, che erano la seconda forza del Paese e rappresentavano, circa, un terzo dell’intero elettorato italiano.
La contrapposizione fra Neri e Rossi, purtroppo, segnò gli anni Settanta, per cui ogni giorno si assisteva ad un vero e proprio bollettino di guerra, visto che i morti ed i feriti venivano prodotti da ambo le parti politiche.
Peraltro, su alcuni episodi, in particolare, neanche il passare del tempo è stato in grado di gettare una luce definitiva, per cui – in taluni casi – non si è mai arrivati alla verità giudiziaria oppure, se è stata raggiunta, essa è molto parziale e, soprattutto, è tuttora insufficiente per comprendere, a fondo, il sistema delle relazioni e delle eventuali complicità dall’interno dello Stato dell’epoca.
Certo è che la storia italiana, in quel freddo 12 dicembre 1969, svoltò in un senso che mai nessun Paese democratico dovrebbe conoscere, visto che la stagione del terrorismo è durata circa dieci anni ed ebbe, poi, il suo culmine nella morte di Aldo Moro, nove anni dopo l’attentato agli sportelli della Banca milanese.
Ancora oggi, il giudizio degli storici è combattuto intorno a tali eventi, visto che la violenza terroristica fu ampia ed interessò molti ambienti della società italiana e non solo quelle classi che erano più esposte al disagio economico che, ineluttabilmente, avevano prodotto gli anni Settanta per effetto delle varie crisi economiche a livello mondiale.
Forse, nelle scuole quel ventennio (anni Sessanta e Settanta del Novecento) andrebbe approfondito meglio, visto che, molto spesso, i programmi scolastici neanche giungono a toccare una fase terribile del nostro Paese.
Comprendendo ed approfondendo le ragioni della violenza - rossa e nera - di quegli anni, si capirebbero forse meglio anche le dinamiche odierne e si eviterebbe di cadere in una spirale altrettanto perversa, visto che il terrorismo è una grave patologia che, di per sé, è difficile da eradicare ed interseca sempre ragioni nazionali con cause di ordine internazionale, il cui intreccio non sempre è, facilmente, districabile.
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