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Rosario Pesce
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All’indomani della sua elezione, tutti avevano ipotizzato che Trump avrebbe modificato, non poco, le tradizioni, in politica estera, degli Stati Uniti d’America.
Nessuno, però, avrebbe immaginato gli esiti dei suoi primi due anni di mandato, che definire catastrofici è dire poco.
Aver rinfocolato il conflitto in Medioriente è una chicca del nuovo Presidente americano, che ha ribaltato così decenni di politica, all’insegna della distensione, nell’atavica guerra fra Israele e gli Stati arabi.
Peraltro, è evidente che un simile indirizzo non nuoce solo agli Stati Uniti, che divengono così più vulnerabili rispetto al terrorismo islamista, ma finanche la stessa Europa, che si trova in mezzo – non solo geograficamente – fra il mondo arabo e quello atlantico.
Da Clinton in poi, la politica estera americana, in merito al Medioriente, ha somigliato molto a quella italiana, avviata molto tempo prima, già, con Andreotti ed Aldo Moro, quando essi erano al Governo nel corso degli anni Settanta.
È pleonastico sottolineare che, in tale cornice, l’Europa si trova ad essere sempre più debole e dilaniata, visto che le differenze al suo interno risultano essere ridondanti per effetto degli strappi continui di Trump.
Da un lato il Regno Unito, storicamente molto vicino alle istanze dei cugini americani; dall’altra, la Francia, la Germania e l’Italia che, invece, sono state sempre alleate assai tiepide di Israele e più vicine alle giuste rivendicazioni del mondo arabo: è questo lo scenario che si presenta oggi e che, di fatto, immobilizza l’Europa, rendendola incapace di divenire un soggetto politico autorevole in una materia così importante, qual è la politica estera rispetto a regioni del mondo, che presentano un altissimo livello di conflittualità.
Cosa si può fare?
Auspicare che Trump non produca ulteriori danni?
Sperare che il Parlamento statunitense avvii un processo di destituzione del Capo dello Stato, visti i suoi rapporti ambigui con la Russia di Putin nei mesi della campagna elettorale, che lo ha visto trionfare contro la Clinton?
È ovvio che, in politica, come nella vita, non si può vivere solo di auspici, ma è altrettanto vero che noi Italiani, in questo momento, molto di più che in contingenze precedenti, siamo parva cosa rispetto ad un contesto internazionale nel quale ci muoviamo con il potere di comparse, che si trovano - a volte - al tavolo dei potenti solo per errore o per gentile concessione altrui.
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