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Rosario Pesce
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L’uscita dell’Italia dai Mondiali di Russia rappresenta una sconfitta non solo in termini sportivi, tanto più per un Paese, come il nostro, che fa del calcio il suo principale sport.
Invero, la perdita economica non è da poco, visto che, da calcoli fatti, il sistema Italia perderebbe una cifra vicina ai cento milioni di euro, che rappresenta una percentuale rilevante rispetto al nostro Pil nazionale.
Inoltre, è evidente che le società sportive subiranno un deprezzamento del valore commerciale dei loro calciatori, che varranno invero meno dei loro colleghi che si sono qualificati ai Mondiali della prossima estate.
Ma, la principale perdita è in termini sociali: si sa bene che il calcio non è solo uno sport, ma è un fenomeno di aggregazione di grandissimo valore sociale, visto che, ogni domenica, milioni di Italiani interrompono le loro attività consuete per assistere, magari in compagnia di amici e parenti, alla partita della squadra del cuore.
Verrà meno, quindi, uno spettacolo che, a cavallo dei mesi di giugno e di luglio, avrebbe tenuto gli Italiani davanti agli schermi televisivi.
Peraltro, è evidente che il sistema delle istituzioni sportive ha dimostrato la sua inadeguatezza rispetto alla sfida in gioco: non qualificarsi ai Mondiali equivale ad una Finanziaria saltata, per cui è ovvio che molti soggetti potrebbero essere nelle condizioni di chiedere i danni a quanti hanno causato un esito siffatto.
Ma, chi è il responsabile?
Il Mister?
La Federcalcio?
Il Coni?
È ovvio che, nei prossimi giorni, la caccia all’untore determinerà il crollo di qualche testa importante, a partire da quella di Ventura, ma crediamo che il sistema, nel suo complesso, si autoassolverà, visto che non è interesse diffuso quello di procedere ad un cambio epocale della governance calcistica e sportiva.
Certo, noi tifosi disillusi non potremo che simpatizzare per una Nazionale diversa dalla nostra, ma il rammarico per un’assenza imprevista ed infelice non può che crescere di giorno in giorno, dal momento che molti sentimenti degli Italiani trovano, solitamente, una valvola di sfogo attraverso la pratica calcistica ed il tifo di massa.
D’altronde, se gli antichi Romani erano soliti dare “panem ed circenses” ai loro concittadini, vista l’assenza del “panem” per la conclamata crisi economica, come faremo a supplire all’assenza, finanche, dei “circenses”?
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