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Il ratto di Europa di Noël-Nicolas Coypel - http://www.alphadictionary.com/goodword/word/Europe
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Rosario Pesce
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Questa è l’immagine, che Scalfari usa stamane in un articolo per definire la condizione dell’Europa: un continente in letargo di fronte ai cambiamenti epocali, che si stanno producendo in queste settimane, rispetto ai quali l’intera classe dirigente è ferma ovvero impotente.
Nessuno di noi avrebbe mai creduto, fino a pochi mesi or sono, che il contenzioso fra la Spagna e la Catalogna potesse arrivare a tal punto, così come pochi avrebbero scommesso sul fatto che, dalle terre iberiche, potesse diffondersi un vento autonomista in grado di coinvolgere, perfino, altre regioni del vecchio continente.
Ed, invece, stiamo assistendo alla disgregazione del mondo occidentale, così come lo abbiamo conosciuto per secoli, in una condizione complessiva di narcosi.
La Spagna, uno dei Paesi più importanti sul piano culturale dell’intera Europa, rischia di perdere la sua regione più ricca ed avanzata ed il ceto politico europeo è rimasto a guardare, non sapendo, né volendo assumere decisioni in favore dell’uno o dell’altro contendente.
In Italia, i cittadini lombardi e quelli veneti sono andati a votare per chiedere più autonomia ed i nostri politici non fanno altro che discutere della legge elettorale, come se un dispositivo di voto, piuttosto che un altro, potesse essere in grado di fornire una risposta convincente a chi preferisce distinguere le proprie strade da quelle del resto del Paese, appellandosi ad una maggiore capacità di imprenditorialità rispetto agli altri Italiani.
Siamo convinti che un tale venticello non si fermerà di certo, perché siamo in presenza di una tendenza che si è acuita, quando, per effetto della crisi economica, molti strati della popolazione sono rimasti fuori, del tutto o quasi, da una condizione accettabile di benessere.
Cosa fare?
Certo, andrebbe aperta una discussione, che sia in grado di coinvolgere l’intera pubblica opinione nazionale e continentale, perché non possiamo rimanere ad assistere alla disgregazione di vecchi Paesi in un clima, complessivo, di autentica indifferenza.
Forse, le soluzioni, almeno nell’immediato, non sono reperibili, ma la società italiana e quella europea dimostrerebbero di non essere sorde rispetto a quei segnali di debolezza, che ormai emergono in modo più che evidente.
Forse, è troppo tardi?
Forse, è insufficiente?
Ma, di certo, non possiamo rimanere vittima di un momento storico, che fa molto più male di una guerra mondiale persa o di un’incipiente guerra civile.
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