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Il futuro della Spagna

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domenica, 29 ottobre 2017 07:37

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Rosario Pesce
La Spagna rischia, per davvero, l’implosione.
Gli ultimi fatti di cronaca allontanano sempre più la possibilità di una soluzione politica e possono condurre, finanche, ad una cruenta guerra civile, che sarebbe la seconda di quel Paese nel giro di un secolo circa.
Ci colpisce, a dire il vero, non tanto l’esasperarsi dei toni istituzionali, che avremmo anche ipotizzato solo un mese fa, ma l’indifferenza dell’Europa, che di fronte all’ipotesi di una guerra civile nel cuore della vecchia e civilissima terra di Occidente, si è lavata le mani, derubricando il contenzioso fra la Catalogna ed il resto della Spagna ad un mero fatto di interesse nazionale.
Noi non possiamo che auspicare che non si verifichi un esito militare, ma è certo che, di questo passo, l’onda lunga dei fatti catalani potrà interessare, finanche, altri Paesi, fra i quali il nostro.
Non possiamo dimenticare che, sette giorni fa, diverse centinaia di migliaia di cittadini veneti e lombardi hanno votato per chiedere maggiore indipendenza allo Stato italiano, tornando quindi ai toni della prima Lega di Bossi, quando quel partito chiedeva la secessione dal resto dell’Italia, all’indomani della caduta della Prima Repubblica.
Stiamo, quindi, vivendo un momento di forte crisi, per davvero, dello Stato nazionale ed il desiderio delle piccole patrie sorge molto forte, soprattutto, in quegli ambienti colpiti maggiormente dalla crisi finanziaria e da quella economica degli ultimi anni.
Una volontà di particolarismo, quindi, sempre connaturata con la storia italiana ed europea.
Dimentichiamo, forse, i Comuni e le Signorie della fine del Medioevo?
Ma, allora, esistevano due poteri universalistici, la Chiesa e l’Impero, che davano comunque lustro della loro forza economica, ideologica e politica.
Oggi, purtroppo, poteri istituzionali altrettanto autorevoli e con analoghe tendenze universalistiche non esistono più, per cui il ritorno al particolarismo segna, meramente, la crisi dei sistemi ereditati dall’Ottocento e dal Novecento.
Peraltro, una domanda sorge spontanea.
Alcuni Stati regionali, se acquisissero l’indipendenza, come la stessa Catalogna, probabilmente potrebbero realizzare comunque condizioni di vita accettabili per i loro cittadini, ma siamo davvero convinti che la Lombardia o il Veneto o qualsiasi altra regione italiana possano camminare da soli e garantire un futuro ai propri figli?
È ovvio che la crisi della rappresentanza e della politica accelera il disfacimento dello Stato, così come lo abbiamo conosciuto nel corso degli ultimi due secoli, ma è altrettanto scontato che, per tal via, si rischia – come si dice in gergo – di gettare il bambino con l’acqua sporca.
Fuor di metafora, lo Stato nazionale non può andare in disfacimento a causa degli errori delle classi dirigenti degli ultimi venti anni, visto che la prospettiva alternativa, il regionalismo e l’autonomismo, rischia di premiare coloro che sono stati, maggiormente, beneficiati dai limiti dello Stato nazione.
Forse, stiamo creando le premesse per un futuro peggiore del recente passato e del presente?
Forse, stiamo ponendo le condizioni per un conflitto epocale, che rischia di far sciogliere l’Europa, prima ancora che i suoi singoli Stati nazionali?
Certo è che i giovani catalani raccolgono le nostre piene simpatie sul piano umano, ma crediamo che stiano percorrendo un iter che li porterà, domani, ad essere molto più disperati di quanto non lo siano, purtroppo, oggi.
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