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Rosario Pesce
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Il voto di domani in Spagna sarà decisivo non solo per le sorti di quel Paese e della regione catalana, che chiede di separarsi dallo Stato iberico.
È evidente che un’eventuale scissione comporterebbe una scia di conflitti, militari e politici, che indurrebbe la Spagna all’implosione, visto che, peraltro, perderebbe la regione, la Catalogna, più ricca, avanzata e dinamica.
Ma, il dato elettorale deve preoccupare l’intera Europa, che ormai è attraversata da tensioni scissioniste, che potrebbero portare, nel giro di pochi anni, altre separazioni cruenti.
Inoltre, non si può non evidenziare un dato ulteriore, che deve inquietare non poco coloro che hanno costruito un modello di Europa, che invero non funziona.
Sono, in particolare, i giovani catalani coloro che si sono schierati, in modo più manifesto, in favore della scissione dallo Stato spagnolo, a dimostrazione del fatto che il disagio odierno colpisce coloro che hanno una prospettiva di vita molto lunga davanti a loro stessi e che però non vedono, almeno nell’immediato, uno spazio di crescita per sé e per i propri coetanei.
D’altronde, le rivoluzioni le hanno sempre compiute tre categorie di individui: gli intellettuali, i giovani e gli ultimi della società, siano stati gli schiavi come nell’antichità o i contadini e gli operai nei tempi moderni.
Noi Italiani, negli anni scorsi, abbiamo avuto un movimento scissionista, come la Lega, che però non ha mai compiuto l’atto forte, perché inserita perfettamente nei meccanismi di potere, a livello sia locale, che romano.
Cosa succederà all’intera Europa, un attimo dopo che i Catalani si saranno pronunciati per la scissione?
Lo scorso anno, i Britannici hanno votato per l’uscita del Regno Unito dall’Unione.
Questo della Catalogna sarebbe il secondo scacco importante, a distanza di pochi mesi da quello londinese.
Davvero troppo, per rimanere inerti ad assistere allo sviluppo di una dinamica storico-politica, che può riportare l’Europa alle condizioni del Medioevo, quando essa era percorsa da due poteri sovranazionali, l’Impero e la Chiesa, e da infinite spinte centrifughe, espressioni di regionalismi e particolarismi che non si sono mai eclissati del tutto.
Saremo, tutti, nemici l’uno dell’altro?
Il tentativo di costruire un mercato ed uno Stato unici fallirebbe miseramente di fronte alle difficoltà economiche odierne, frutto per lo più della volontà sistematica di alcuni di portare le produzioni lontanissime dal vecchio continente, in aree dove la manodopera costa molto meno.
Certo è che esistono due Europe: una è quella dei Tedeschi che, da quindici anni, votano ininterrottamente per la Merkel, che è la principale responsabile della condizione attuale; l’altra è quella dei Catalani, giovani ed istruiti, che votano contro la Spagna e contro l’Europa a conduzione tedesca.
Quando questa scissione verrà meno e si potrà ragionare, senza temere rotture traumatiche di un percorso di unità, che dovrebbe comunque procedere, pur tra mille difficoltà?
Chi non è catalano non può che sperare nell’unità della Spagna, ma è ovvio che, legittimamente, quel popolo assumerà una decisione che, nel bene o nel male, determinerà le sorti di un intero continente. Questo è, purtroppo, un dato che non può mettere in discussione nessuno per davvero, scissionista o unionista che sia.
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