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Rosario Pesce
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Quella dell’accoglienza dei migranti è una scelta di civiltà.
È evidente che il gran numero di immigrati crea notevoli problemi in termini di ordine pubblico, in particolare in quelle aree del nostro Paese dove sono concentrati i centri di accoglienza.
Ma, è altrettanto ovvio che l’accoglienza dei bisognosi non solo è un obbligo morale, ma costituisce un’opportunità per una nazione, come la nostra, che ha un bassissimo tasso di natalità e che non presenta, a tutt’oggi, uno slancio in termini di innovazione e di crescita economica.
Le Destre e tutti gli ambienti culturali xenofobi non possono che trarre vantaggio dalla venuta dei migranti, ma anche questo pericolo, opportunamente previsto e limitato, rappresenta certamente un fattore che va preso sul serio e che merita di essere gestito.
L’Italia è, al momento, ferma da un punto di vista economico: l’arrivo dei migranti può rilanciare una serie di opportunità produttive, che invece erano sopite da tempo.
È evidente che bisogna stare ben attenti ad evitare che questi poveri uomini non divengano merce preziosa nelle mani della criminalità organizzata, che li sfrutta ed, in particolare, poi li adopera come capro espiatorio per placare le ire degli autoctoni.
Nelle ultime settimane, l’iniziativa del Governo, tesa a ridimensionare i flussi migratori, è stata invero efficace, visto che è necessario interloquire con le autorità libiche, allo scopo di diminuire i viaggi della speranza ad opera di umili e diseredati.
In tal senso, l’attività del Ministro Minniti può essere giudicata molto positivamente, anche se i costi di una simile intrapresa non possono ricadere, solo, sul nostro Paese, ma l’intero consesso europeo deve preoccuparsi di limitare le partenze dalla sponda libica del Mediterraneo.
Ci riuscirà l’Europa o, comunque, continueremo ad essere invasi, per effetto anche di un’azione speculativa, nella quale la criminalità internazionale agisce di concerto con quella italiana?
Il tema della contaminazione dei popoli, dunque, non si può certo sintetizzare meramente in un’azione di polizia nei mari, per quanto anche questo aspetto sia necessario e doveroso.
Gli Italiani dovrebbero intuire le potenzialità insite in un rimescolamento delle razze, che ineluttabilmente i flussi migratori determineranno a breve, finanche, sul nostro suolo, ma si sa bene come ciascuno sia sempre molto legato alla propria individualità e che, pertanto, tende a difendersi quando – a torto o a ragione – avverte che questa sia messa, seriamente, in pericolo.
Le scommesse di tale portata non si vincono nell’arco di pochi mesi o di qualche anno: sono necessari alcuni doverosi salti generazionali per portare gli individui ad una diversa maturità e ad una differente consapevolezza razionale del problema.
Forse, noi non saremo ancora in grado di vedere una società italiana compiutamente multietnica, ma di certo i nostri figli avranno dinnanzi a loro una prospettiva nuova, che renderà il loro mondo più colorato ed articolato del nostro.
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