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Mercato S. Severino (SA): La meridiana di Palazzo Vanvitelli di giovanna colecchia
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Rosario Pesce
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Il voto amministrativo di Mercato San Severino lascia, certo, l’amaro in bocca a chi, come me, ha sostenuto coerentemente e fedelmente l’amico Enzo Bennet per tutta la durata della competizione elettorale.
Ma, sparati i fuochi della domenica notte e rielaborato il lutto, bisogna ragionare intorno alle prospettive politiche di un Comune, come il nostro, che si trova ad avere un Sindaco (a cui va il mio dovuto e sincero augurio di buon lavoro) pienamente legittimato dal voto popolare del secondo turno, ma oggettivamente indebolito dall’assenza di una propria maggioranza all’interno dell’Assise di Palazzo Vanvitelli.
È evidente che gli appelli al senso di responsabilità dei consiglieri comunali siano tutti giusti ed opportuni, da qualsiasi parte essi provengano, ma è altrettanto ovvio che il nostro Comune viene a trovarsi in una condizione molto dissimile da quella dell’ultimo ventennio, quando i Sindaci eletti hanno sempre avuto maggioranze molto robuste, ben più ampie – talora – di quella uscita dai seggi.
Peraltro, nel corso di questa campagna elettorale, si sono contaminate – da una parte e dall’altra – esperienze molto diverse fra loro, per cui hanno condiviso l’esperienza del voto ambienti che, prima, neanche dialogavano fra loro, così come si sono trovati, da parti opposte della barricata, ambienti che, invece, avevano condiviso anni di responsabilità di Governo locale o di opposizione.
È, questo, il bello della democrazia e ben venga che, nel corso della propria esperienza di vita o di militanza politica, si possa legittimamente intraprendere percorsi diversi.
Ma, un dato, oggi, va rielaborato: il nostro paese è diviso politicamente in due grandi aree, equivalenti da un punto di vista numerico (visti i 40 voti di scarto dell’esito finale del ballottaggio), ed invero molto più vicine fra loro di quanto la campagna elettorale ha fatto intendere, a causa delle urla e degli strepiti degli ultrà dell’uno e dell’altro.
Bisogna, quindi, ritrovare le ragioni dello stare insieme, una volta passata la fase critica immediatamente post-elettorale e ciò può avvenire solo se i due principali attori della vicenda, Somma e Bennet, Sindaco e capo dell’opposizione, sapranno sedersi intorno ad un tavolo e garantire una continuità di gestione amministrativa per l’intera durata della consiliatura comunale o, comunque, per gran parte di questa.
Il tempo delle leadership forti pare essere finito nel nostro paese e, pertanto, solo uno sforzo collettivo può sopperire a quell’assenza leaderistica, che si avverte già da un po’ di tempo e che si è tradotta in un risultato incerto e, sostanzialmente, paritetico in occasione della conta delle schede del ballottaggio.
Un auspicio, questo, che deve essere raccolto da tutti, siano essi semplici elettori e cittadini o classi dirigenti, anche perché quella rappresentazione, che si è vista nel corso delle due settimane di ballottaggio, per cui il popolo era tutto da una parte ed i ceti dirigenti tutti dall’altra, deve essere smentita, perché altamente pericolosa, in primis, per chi ha vinto le elezioni con merito e sagacia.
Poi, il tempo sarà buon giudice e consentirà, credo, che rinascano nuove forme di leaderismo, che permetteranno al nostro paese di non dividersi così frontalmente e pericolosamente per la salute delle pubbliche istituzioni.
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