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Rosario Pesce
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Quello delle elezioni francese è stato un esito previsto.
Sono arrivati al ballottaggio i due candidati, che avevano il favore del pronostico.
Da una parte, il centrista Macron, forte del sostegno del Presidente della Repubblica uscente, e dall’altro la Le Pen, che in Francia rappresenta, anche per tradizione familiare, la Destra dapprima xenofoba, anti-ebraica ed, oggi, anti-europeista.
L’esito del secondo turno dovrebbe essere scontato: noi crediamo, infatti, che mai la Francia eleggerà all’Eliseo una personalità che non ha mai abiurato dal Fascismo e che, se fosse eletta, sarebbe una minaccia molto grave non solo per l’Europa, ma per l’intero processo di integrazione, che con molta fatica si tarda a costruire.
Purtroppo, il caso francese non è isolato: in tutti i grandi Paesi continentali, sono sorte delle forze politiche che fanno dell’antieuropeismo la propria bandiera, speculando ovviamente sulle paure che non mancano fra le persone comuni, che vedono negli immigrati un pericolo molto serio per la propria vita e che, soprattutto, si sentono minacciate, dal momento che moltissime delle certezze, sociali ed economiche, di un tempo si sono volatilizzate con la costruzione del mercato europeo e per effetto della globalizzazione.
Speculare su questi timori, però, non solo è pericoloso, ma è altamente nocivo per la qualità della nostra democrazia e del vivere comune: non si può, invero, immaginare che ogni islamico, che si incontra all’angolo di strada, possa essere un terrorista dell’Isis pronto a farsi scoppiare in aria, per morire in nome di Allah.
Le fobie, su cui specula la Le Pen in Francia, come molte altre forze sparse per l’intera Europa, andrebbero gestite e, certamente, non vanno rinfocolate, come invece fanno – in modo sistematico – i vari populismi, che pure sono attivi, in particolare, nella parte occidentale del nostro vecchio, caro continente.
La vicenda francese, finanche in caso di vittoria di Macron, costituisce un momento importante per la storia europea: o si dà una svolta all’intero processo di costruzione della nuova Europa, rendendola effettivamente più giusta, equa e solidale, oppure la Le Pen o il Salvini di turno potrebbero vincere la prossima volta, quando le forze europeiste non avranno più alcuna possibilità ulteriore di successo.
D’altronde, sappiamo bene che i Fascismi si affermano nei grandi momenti di difficoltà per un Paese ovvero per un intero continente: la globalizzazione ha indotto effetti ben peggiori della Prima Guerra Mondiale, per cui, se la Grande Guerra produsse - per reazione - i regimi di Mussolini e di Hitler, non vorremmo invero che, a breve, si possano costituire realtà politico-istituzionali analoghe o peggiori di quelle che hanno, gravemente, nociuto agli Europei a cavallo degli anni Venti e Quaranta del secolo scorso.
Pertanto, la scommessa di Macron è quella di tutti i Governi riformisti d’Europa: costituire un argine al populismo crescente, evitando derive fasciste e venendo incontro a quegli interessi sociali, che sono stati ascoltati poco e male nel corso dell’ultimo ventennio.
Certo è che, se la Francia ha individuato il proprio anti-Le Pen, gli altri Paesi ancora non l’hanno fatto.
Ed, in Italia, come siamo messi?
Renzi, oggi, è ancora il più autorevole candidato contro la deriva grillina o quella leghista?
Ma, questa è già un’altra storia, che merita un approfondimento diverso.
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