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Rosario Pesce
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La politica inizi a dare le risposte, che deve alla società italiana ed europea.
È questa un’esigenza ineludibile, se non si vuole che l’attuale sistema delle istituzioni democratiche entri in un vicolo cieco, da cui non sarà poi in grado di uscire.
È evidente che gli ultimi fatti, nazionali ed internazionali, dimostrano un progressivo distaccamento dei cittadini dal mondo delle istituzioni.
Il Brexit, l’elezione di Trump, la sconfitta di Renzi lo scorso 4 dicembre, sono fatti che hanno un unico fil rouge, che li collega tutti: il desiderio, l’ansia del corpo elettorale di abbattere il sistema esistente, creando le premesse per un nuovo ordine internazionale, i cui connotati sono sfumati e, per nulla, definiti.
È ovvio che fattori così forti di cambiamento non possono che essere una prospettiva inquietante per le persone più avvedute, visto che vanno ad intaccare certezze, finora considerate imprescindibili per la società post-moderna.
Come si può ipotizzare di sconfiggere il disagio delle nostre genti, gettando a mare gli immigrati e facendoli morire di fame e di freddo?
Come si può pensare di rilanciare l’economia, tornando al protezionismo del secolo scorso?
Come si può sperare di pacificare il mondo, se gli USA ed il mondo arabo non dialogano proficuamente, così come essi dovrebbero, invece, fare?
Si era sperato che, con la caduta del Muro di Berlino nel 1989, si potesse - per davvero - creare un ordine internazionale, finalmente, pacificato: purtroppo, da quel momento in poi gli effetti dell’incipiente globalizzazione hanno solo demolito delle certezze, che pure sono state preziose ed utili per i moderni costruttori di pace.
Oggi, assistiamo all’impazzimento della dinamica politica, nazionale ed internazionale: pare che non esistano più regole del gioco, effettivamente, condivise; si svolge una guerra sociale fra potenti e bisognosi, dove molto spesso vengono meno, finanche, i ruoli tradizionali della vittima e del carnefice.
Sono questi fattori, che fanno pensare al futuro prossimo delle generazioni, che oggi si affacciano alla vita.
Cosa sarà di loro?
Del loro futuro lavorativo?
Di quello politico e sociale?
Quesiti, che impongono per davvero un’inversione di rotta molto netta, prima che il populismo possa trionfare e determinare le condizioni di una guerra permanente.
Forse, siamo in attesa che, in Francia, vinca la Le Pen, per avvertire la gravità del momento storico?
O, forse, aspettiamo che, in Italia, vadano al potere coloro che fanno del rinnovamento fine a se stesso l’unica parte saliente di un programma tanto vuoto di contenuti, quanto pericoloso, se effettivamente realizzato?
I prossimi mesi saranno utili per capire se il 2017 inizierà così come è finito l’anno precedente.
Forse, è proprio giunto il momento che la politica torni a fare il suo antico mestiere, nell’accezione più alta e nobile del vocabolo?
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